Eataly Smeraldo aprirà il 18 marzo (salvo inghippi last minute) nell’ex teatro storico dei milanesi che mantiene in parte la sua anima e ospita il ristorante stellato Alice che da via Adige si è trasferito qui.

Settimana scorsa ho fatto una chiacchierata pre-apertura con Oscar Farinetti e suo figlio Nicola, da cui sono emerse tante cose interessanti.

Oscar mi ha raccontato la sua idea di creare un marchio per combattere la  contraffazione dei nostri prodotti agroalimentari all’estero, abbiamo parlato di Expo e infine, non ho resistito, di come essere un buon padre. Poi ho chiamato Nicola per un discorso più focalizzato sul negozio, e mi è piaciuto cogliere la differenza fra padre e figlio,  quella caratteriale ma soprattutto quella dovuta all’età, a quel tempo che trasforma lasciando tracce dove è già passato.

Qui sotto avete da leggere, come sempre a seconda del tempo e della voglia potete affrontare il tutto senza perdervi una virgola, o saltabeccare fra domande e grassetti.

Oscar Farinetti a Eataly Roma | ©foto Zeno Colantoni)

OSCAR [father]

Lei sta aprendo – con una evidente accelerazione in questi ultimi anni – nuovi punti vendita di prodotti alimentari italiani di eccellenza che sono e saranno frequentati da persone, acquirenti reali. Io faccio parte del mondo della comunicazione del food come giornalista e blogger e nei social media. Dal suo punto di vista stiamo facendo qualcosa di utile per l’italian food nel mondo con tutti i problemi che conosciamo legati all’italian sounding e alle contraffazioni, oppure rischiamo che tutto il nostro comunicare resti all’interno di un circolo ristretto di addetti ai lavori?

In questo periodo in Italia in quasi tutti i settori compreso il nostro, troppe chiacchiere spesso rischiano di incriccare i problemi, c’è anche molta imprecisione, c’è una voglia enorme di distinguersi, ognuno dice la sua, soprattutto poi nel mondo del web: noi umani siamo diventati uccelli, quindi voliamo, non siamo ancora bravi a volare e voliamo male. E’ un periodo che ne sento un po’ di tutti i colori, io stesso poi ne dico di tutti i colori – e quindi do il mio contributo.

La mia idea è molto semplice: nel mondo si comprano 60 miliardi di prodotti cosiddetti italian sounding, c’è una voglia d’Italia immensa e imitano praticamente solo noi, perché tutto il mondo vuole mangiare italiano. Ma non c’è uno strumento di riconoscimento, quindi la mia proposta è sempre semplice e banale come tutte le mie proposte: dobbiamo disegnare un marchio unico Italia per tutto l’agroalimentare, da apporre sui prodotti veri italiani, ci vorrà un po’ per capire quali sono ma una volta deciso li identifichiamo con questo marchio. Dopodiché raccogliamo tutte le nostre risorse ed energie e andiamo nel mondo a fare una grande pubblicità com’era quella del Vero Cuoio e della Pura Lana Vergine: cercate questo marchio. In questa maniera riusciremo a convogliare in un colpo tutta la voglia d’Italia verso la verità. Fatta questa operazione, che è la più importante di tutte, possiamo iniziare a parlare di biodiversità, quindi andare a raccontare i territori, le regioni, le denominazioni.

Non ci sono già i consorzi con i loro marchi di riconoscimento?

Beh, ma ognuno il suo, cosa si capisce? Dobbiamo superare questo provincialismo, noi italiani siamo piccoli però fortunatamente tutto il mondo vuole i nostri prodotti, ma restiamo piccoli, ognuno col suo consorzio, va benissimo che ci sia il marchio del Parmigiano, quello del Grana, ma non possiamo andare a raccontare tutti questi marchi al mondo, ci dev’essere un marchio sopra le denominazioni, che riporti la bandiera italiana, di proprietà dello Stato, e per averlo bisogna avere determinati requisiti, e dire alla gente cerca quel marchio, perché finché i consorzi si muovono separatamente nel mondo non riusciamo a fare massa critica.

Dobbiamo riunire tutte le nostre forze visto che il nemico oggi è molto chiaro ed è l’italian sounding – che ci toglie due terzi delle esportazioni – e questo è un grande problema. Dobbiamo lavorare lì sul cliente consumatore, bisogna far fare a loro i poliziotti, non farli noi.

A chi dovrebbe essere data la responsabilità di creare questo marchio?

E’ molto semplice: il Ministero delle Politiche Agricole lancia un grande concorso fra i giovani designer italiani e si inventa questo marchio. Una volta fatto, il marchio è a disposizione per tutti i prodotti veri italiani. Si scrive un disciplinare molto semplice con poche regole. Ad esempio l’olio d’oliva extravergine può ottenerlo se è fatto con olive italiane, la pasta dev’essere fatta in Italia anche se il grano non è italiano perché non abbiamo grano duro a sufficienza, i salumi devono essere fatti in Italia da suini nati e allevati in Italia, ecc. ecc. senza esagerare nel disciplinare, questa è la prima fase. La seconda fase dev’essere quella delle denominazioni dopo che abbiamo raggiunto l’obiettivo di raddoppiare le nostre esportazioni, e questo serve per aumentare il prezzo medio. La terza fase dev’essere quella dedicata al pulito, e quindi un altro disciplinare di 3 regole: chi adotta questo macro disciplinare secondo me non deve usare concimi chimici né diserbanti e in questo caso ha diritto a qualcosa in più. Però bisogna andare per gradi.

Secondo lei questo marchio sarebbe praticabile con le attuali normative europee?

Secondo me sì, dev’essere una cosa volontaria, bisogna che ce la giochiamo bene ed essere anche un pelino più autorevoli in Europa. I nostri amici francesi esportano il doppio di noi di agroalimentare e va bene così, noi abbiamo un problema enorme di imitazioni sul quale dobbiamo lavorare e l’unico modo è quello.

Qual è la sua impressione sull’Expo 2015 e la nostra capacità di coglierne le opportunità?

La mia impressione è molto positiva, dobbiamo crederci tutti e tutti noi italiani dobbiamo buttarci ad aiutare l’Expo invece di criticare, e dobbiamo cogliere questa occasione immensa che deve avere due obiettivi: uno quello di attrarre più turisti possibili stranieri e fargli vedere un’Italia bellissima, invitarli nel mondo della bellezza. Il secondo è di ridare un grande orgoglio agli italiani, di appartenere alla terra della bellezza e farci sentire tutti più uniti. Abbiamo bisogno di questo orgoglio, e io ho notato che ogni volta che c’è un grande evento mondiale che noi italiani riusciamo a fare bene funziona da pazzi sul territorio, l’ho visto a Torino per le Olimpiadi Invernali, che ha cambiato in parte la città e anche l’atteggiamento dei torinesi, tutti ogogliosi e riuniti intorno al sindaco… in questo caso ci giochiamo l’immagine dell’Italia e secondo me se avremo un grande successo come spero vedrà che noi italiani cambieremo anche un po’ marcia, che vuol dire miglioramento dell’orgoglio, della coscienza civica, della fiducia e delle speranze. E’ chiaro che con l’Expo 2015 dobbiamo avere scale mobili, tapis roulant e aeroporti che funzionano, dobbiamo avere i treni puliti… fare come il resto del mondo.

Eataly è un concentrato di eccellenze italiane e i Presìdi Slow Food non mancano. “Buono, pulito e giusto” è il motto di Carlin Petrini. Se lei dovesse coniarne uno per Eataly quale sceglierebbe?

Prendiamo esattamente quello “buono, pulito e giusto” e ci aggiungiamo che il produttore abbia anche umanità e che sia una persona perbene, simpatica e che venda a un prezzo non troppo alto. Per noi è molto importante il rapporto di armonia col fornitore e anche molto importante che chi costruisce un prodotto di alta qualità riesca a farlo ad un prezzo che non sia solo per i ricchissimi.

Nicola si sta occupando di Eataly Smeraldo e lei è famoso per aver saputo creare un buon rapporto con i suoi figli, averli saputi valorizzare… qual è la sua ricetta per essere un buon padre?

Non stargli col fiato sul collo; più che aver saputo valorizzarli, io li ho messi in piscina e ho lasciato che facessero, se per caso non ce l’avessero fatta non sarebbero diventati grandi. Ricordo sempre il Piccolo Principe quando chiede “mi devi spiegare come si costruisce una nave” e racconta che non gli dice dove prendere il legno e come piegarlo, ma quant’è bello, emozionante e romantico navigare il mare. Io ho fatto così coi miei ragazzi, ho cercato di raccontare. Coi due figli più grandi abbiamo avuto la fortuna di cominciare insieme a scaricare i primi camion nel 2007, e questa cosa li ha contagiati, li ha coinvolti, a loro piace e io sono contento per loro, perché voglio più bene ai miei figli che alla mia company, e questa secondo me è un’altra cosa molto importante per gli imprenditori: distinguere, mio papà mi ha sempre insegnato di affezionarmi alle persone, non alle cose.

2 marzo 2014, Nicola Farinetti nel cantiere di Eataly Smeraldo | ©foto Fulvio Marino

NICOLA [son]

Umanamente qual è la soddisfazione maggiore che ha provato nel realizzare il progetto di Eataly Smeraldo?

Non sono mai coinvolto nella costruzione, la cosa che mi piace sempre tanto è fare questo mare di colloqui perché noi un mese prima di aprire incontriamo centinaia di persone, quando poi le scegli, le chiami, sono contente e vanno a a fare formazione a Torino, Roma, Bari per alcune settimane. L’inizio per tutti i dipendenti è sempre un momento molto bello perché son tutti carichi, hanno voglia di imparare, e poi c’è sempre un sacco di gente che Eataly bene bene non l’ha ancora capito, non l’ha ancora visto e quando arriva per laprima volta a Torino o a Roma e lo vede coi prorpri occhi ti fa i comlimenti, gli piace l’organizzazione e quindi per me questa dal punto di vista umano è sempre la parte più bella prima di aprire un negozio.

Un ricordo speciale?

Proprio l’altro giorno ero a Torino e ho visto uno dei ragazzi a cui ho fatto io il colloquio e gli avevo detto che l’avremmo provato, mi ha incrociato in negozio mentre si stava andando a cambiare per tornare a casa, mi guarda e mi fa “beh, complimenti eh! Non avevo mica capito che era così” e quindi mi è piaciuto tantissimo.

New York, Roma e Milano, cosa le distingue ma sarebbe bello che avessero in comune?

Spero che abbiano in comune questo feeling incredibile che hanno i clienti quando entrano, che invece di sentirsi clienti si sentono degli attori partecipanti, è una cosa che c’è tantissimo a New York e succede anche a Roma e spero tanto, ma ne sono sicurissimo, che funzionerà tanto a Milano: quando entri da Eataly e cominci a godertelo non ti sembra di guardare un film ma di esserne parte come uno degli attori principali, ti rendi proprio conto che quel casino è bello perché ci sei anche tu. Dopodiché i negozi sono molto diversi perché a New York Eataly è un negozio italiano a New York, quindi non è un luogo dove si possa fare il 100% della spesa perché vendendo praticamente solo cibo italiano mancano un sacco di cose che gli americani sono abituati a comprare e da noi non trovano, quindi comprano 5 o 6 prodotti, mangiano e tornano a casa. Invece in Italia per fortuna tanta gente ci sceglie per fare tutta la spesa, e quindi è vissuto in maniera diversa, ci sono tanti carrelli e passano due-tre ore in negozio. Milano e Roma saranno due negozi molto diversi, perché Roma è nella prima periferia dove la gente viene apposta e quindi oltre ai turisti ormai abbiamo i nostri clienti affezionati che evengono sempre. Invece a Milano siamo nel cuore della movida e penso che vedrò costantemente facce nuove, clienti che arrivano da tutto il mondo, che entreranno e sarà la prima volta che la vedranno, e poi è bello, perché quando la vedono per la prima volta è sempre bello.

Eataly contiene innumerevoli eccellenze. Un ingrediente che non ci sarà mai?

Io non sono abituato a dire mai perché nella vita le cose cambiano ed è difficile dire mai, su due piedi mi verrebbe da dire che un OGM probabilmente non ci sarà mai perché è l’esatto contrario di biodiversità che è quello di cui noi cerchiamo di parlare.

Il palco di Eataly Smeraldo ospiterà giovani musicisti emergenti che vogliano esibirsi a titolo gratuito. Come li selezionerete? E con lo stesso concetto pensate di creare una cucina per aspiranti cuochi?

Questa è una bellissima idea, gliela rubo [lo scrivo però! – va bene, lo scriva pure] e lo faremo sicuramente. Noi facciamo già una cosa “Chef per un giorno” a Torino e a Roma per chi ha voglia di esibirsi in cucina preparando il piatto che gli viene meglio in uno dei nostri ristorantini ed effettivamente è una cosa che ha grande successo e poi in questo momento la cucina, grazie anche a tante trasmissioni televisive, funziona molto.
Sì, lasceremo spazio a giovani musicisti ma non solo, ci piacerebbe che diventasse veramente un luogo di espressione, ne parlavo l’altro giorno con Oscar, mio papà [who else? alla mia risatina mi spiega che lo chiama per nome anche per esigenze lavorative] che ci piacerebbe leggere gli articoli della Costituzione, stavamo patlando con la Bicocca di Milano e avere loro che vengono e in tre minuti li leggono e poi li commentano sarebbe molto interessante. Ci piacerebbe parlare di libri, fare cabaret, balletti, cose altissime, cose basse, cose normali. Non deve diventare soltanto un luogo di musica ma di espressione a 360 gradi perché poi l’obiettivo è cercare di sfruttare quello che soltanto la convivialità del cibo ti dà. Noi avevamo fatto una grande pagina pubblicitaria dove avevamo invitato Obama e Putin a sedersi a tavola perché nelle aule ci si parla ma a tavola ci si confida, che sono due cose molto diverse. E allora se su quel palco si dà anche un messaggio positivo o negativo, giusto o sbagliato che sia, penso che dopo a cena o a pranzo la parte bella diventi il discuterne.

L’apertura di Eataly Smeraldo è confermata al 18 marzo, giusto? Pensando alle esperienze fatte nelle altre città cosa vi aspettate che succeda?

L’apertura il 18 marzo per ora è confermata, poi quando si fanno progetti così grandi non si sa mai, mi ricordo che a Roma proprio all’ultimo abbiamo avuto un problema burocratico e abbiamo aperto qualche giorno dopo, ma alla fine non cambia nulla.
Cosa mi aspetto: spero tanto di avere una grandissima partecipazione della città, come ci è capitato in tutti gli altri Eataly – da subito me ne scuso perché tanto per quanto veloci facciamo e per quanto impegno ci mettiamo non siamo mai pronti al grande calore che ci riesce a dare una città quando arriviamo, quindi commetteremo errori e chiedo ai milanesi di essere pazienti e di darci una mano a oliarci nelle prime settimane, per questo abbiamo deciso da subito che i primi due lunedì rimarremo chiusi, proprio per tenere un servizio elevato su quello che abbiamo definito come standard.
Mi aspetto tantissima gente che voglia venire a vedere questo famoso Eataly di cui tutti parlano e non è ancora arrivato e spero tanto che capiscano subito il messaggio che non è essere cool, non è fare moda, ma è il prodotto: noi concentriamo tutte le nostre risorse mentali e fisiche e anche monetarie sui prodotti e quindi spero che venga colto questo nostro impegno, che è alla base di tutti gli altri negozi. E poi il resto verrà col tempo.

Eataly Smeraldo – piazza XXV Aprile, 10 – Milano

per esibirti sul palco scrivi a palcosmeraldo@eataly.it

da Wikipedia: Teatro Smeraldo

©Foto Zeno Colantoni e ©Fulvio Marino per la foto di Nicola Farinetti

Nicola Farinetti

Non sono mai coinvolto nella costruzione La cosa che mi piace sempre tanto è fare questo mare di colloqui perché noi un mese prima di aprire ne facciamo a centinaia, poi le scegli, le chiami, sono contente e vanno a a fare formazione a Torino, Roma, Bari per alcune settimane e l’inizio per tutti i dipendenti è sempre un momento molto bello perché son tutti carichi, hanno voglia di imparare, e poi c’è sempre un sacco di gente che Eataly bene bene non l’ha ancora capito, non l’ha ancora visto e quando arriva per laprima volta a Torino o a Roma e lo vede coi prorpri occhi ti fa i comlimenti, gli piace l’organizzazione e quindi per me questa dal punto di vista umano è sempre la parte più bella prima di aprire un negozio.

Un ricordo
Proprio l’altro giorno ero a Torino e ho visto uno dei ragazzi a cui ho fatto io il colloquio e gli avevo detto che l’avremmo provato, mi ha incrociato in negozio mentre si stava andando a cambiare per tornare a casa, mi guarda e mi fa “beh, complimenti eh! Non avevo mica capito che era così” e quindi mi è piaciuto tantissimo.

New York,
Spero che abbiano in comune questo feeling incredibile che hanno i clienti quando entrano, che invece di sentirsi clienti si sentono degli attori partecipanti, è una cosa che c’è tantissimo a New York e succede anche a Roma e spero tanto, ma ne sono sicurissimo, che funzionerà tanto a Milano: quando entri da Eataly e cominci a godertelo non ti sembra di guardare un film ma di esserne parte come uno degli attori principali, ti rendi proprio conto che quel casino è bello perché ci sei anche tu. Dopodiché i negozi sono molto diversi perché a New York Eataly è un negozio italiano a New York, quindi non è un luogo dove si possa fare il 100% della spesa perché vendendo praticamente solo cibo italiano mancano un sacco di cose che gli americani sono abituati a comprare e da noi non trovano, quindi comprano 5 o 6 prodotti, mangiano e tornano a casa. Invece in Italia per fortuna tanta gente ci sceglie per fare tutta la spesa, e quindi è vissuto in maniera diversa, ci sono tanti carrelli e passano due-tre ore in negozio. Milano e Roma saranno due negozi molto diversi, perché Roma è nella prima periferia dove la gente viene apposta e quindi oltre ai turisti ormai abbiamo i nostri clienti affezionati che evengono sempre. Invece a Milano siamo nel cuore della movida e penso che vedrò costantemente facce nuove, clienti che arrivano da tutto il mondo, che entreranno e sarà la prima volta che la vedranno, e poi è bello, perché quando la vedono per la prima volta è sempre bello.

Un ingrediente che non ci sarà mai?
Io non sono abituato a dire mai perché nella vita le cose cambiano ed è difficile dire mai, su due piedi mi verrebbe da dire che un OGM probabilmente non ci sarà mai perché è l’esatto contrario di biodiversità che è quello di cui noi cerchiamo di parlare.

Il palco ospiterà
Cucina per asp
Questa è una bellissima idea, gliela rubo [lo scrivo però! – va bene, lo scriva pure] e lo faremo sicuramente. Noi facciamo già una cosa “Chef per un giorno” a Torino e a Roma per chi ha voglia di esibirsi in cucina preparando il piatto che gli viene meglio in uno dei nostri ristorantini ed effettivamente è una cosa che ha grande successo e poi in questo momento la cucina, grazie anche a tante trasmissioni televisive, funziona molto.
Noi sì, lasceremo spazio a giovani musicisti ma non solo, ci piacerebbe che diventasse veramente un luogo di espressione, ne parlavo l’altro giorno con Oscar, mio papà [who else? alla mia risatina mi spiega che lo chiama per nome anche per esigenze lavorative] che ci piacerebbe leggere gli articoli della Costituzione, stavamo patlando con la Bicocca di Milano e avere loro che vengono e in tre minuti li leggono e poi li commentano sarebbe molto interessante. Ci piacerebbe parlare di libri, fare cabaret, balletti, cose altissime, cose basse, cose normali. Non deve diventare soltanto un luogo di musica ma di espressione a 360 gradi perché poi l’obbiettivo è cercare di sfruttare quello che soltanto la convivialità del cibo ti dà. Noi avevamo fatto una grande pagina pubblicitaria dove avevamo invitato Obama e Putin a sedersi a tavola perché nelle aule ci si parla ma a tavola ci si confida, che sono due cose molto diverse. E allora se su quel palco si dà anche un messaggio positivo o negativo, giusto o sbagliato che sia, penso che dopo a cena o a pranzo la parte bella diventi il discuterne.

Apertura
18 marzo per ora è confermata, poi quando si fanno progetti così grandi non si sa mai, mi ricordo che a Roma proprio all’ultimo abbiamo avuto un problema burocratico e abbiamo aperto qualche giorno dopo, ma alla fine non cambia nulla.
Cosa mi aspetto: spero tanto di avere una grandissima partecipazione della città più, come ci è capitato in tutti gli altri Eataly, da subito me ne scuso perché tanto per quanto veloci facciamo e per quanto impegno ci mettiamo non siamo mai pronti al grande calore che ci riesce a dare una città quando arriviamo, quindi commetteremo errori e chiedo ai milanesi di essere pazienti e di darci una mano a oliarci nelle prime settimane, per questo abbiamo deciso da subito che i primi due lunedì rimarremo chiusi, proprio per tenere un servizio elevato su quello che abbiamo definito come standard.
Mi aspetto tantissima gente che voglia venire a vedere questo famoso Eataly di cui tutti parlano e non è ancora arrivato e spero tanto che capiscano subito il messaggio che non è essere un posto cool, non è fare moda, ma è il prodotto: noi concentriamo tutte le nostre risorse mentali e fisiche e anche monetarie sui prodotti e quindi spero che venga colto questo nostro impegno che c’è alla base e portiamo dagli altri negozi, e poi il resto verrà col tempo.

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Un pensiero riguardo “Father&Son: Oscar e Nicola Farinetti raccontano Eataly Smeraldo (e qualcosina in più)

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