I daini, Dino e il Carnaroli autentico

una risaia di Carnaroli nella Riserva San Massimo

Ero lì l’anno scorso in primavera, e vi assicuro che è splendida.

Parlo della Riserva San Massimo, un paradiso incontaminato di 600 ettari (solo un terzo è coltivato a riso, soprattutto Carnaroli, poi capirete perché) immerso nel Parco Lombardo della Valle del Ticino, dal 2004  area di protezione speciale riconosciuta Sito di interesse Comunitario. Qui vivono beatamente moltissimi animali e piante, fra cui diverse specie protette, alcune addirittura “a protezione assoluta” cioè intoccabili nel vero senso della parola, come l’Osmunda Regalis, splendida e altissima (può raggiungere i 2 metri), la felce più grande che esista. E poi c’è Dino.

la felce Osmunda regalis nella Riserva San Massimo | ©foto Dino Massignani

Dino Massignani è il direttore della Riserva, un “ragazzone” (a dire il vero non proprio, ma lo spirito è quello) di quasi due metri come l’Osmunda. Come la felce vive lì, ma con una differenza fondamentale: è lui che protegge la Riserva e tutto quello che contiene, tanto che appena arrivato a San Massimo ha dovuto pure “cacciare” i bracconieri. Poi, per smettere di tuffarsi nei dei canali di irrigazione (paralleli alla strada che corre lungo parte della proprietà) per salvare i cuccioli di capriolo che ci cadevano dentro, ha messo delle rampe di risalita sugli argini in cemento: adesso, quando capita, si arrampicano ed escono da soli. Deo Gratias.

La stessa determinazione che mette nel proteggere gli animali la mette anche nel proteggere il riso prodotto in Riserva, principalmente Carnaroli. Autentico, badate bene.

© Riserva San Massimo, le piante di Carnaroli (foto Dino Massignani)

Quando Dino parla di autenticità è come se dovesse cacciare di nuovo i bracconieri: “la normativa italiana permette di vendere come Carnaroli altre qualità similari come il Karnak, il Carnise, il Carnise precoce. Il Karnak è una varietà che ha un ciclo molto più breve ed è più produttiva, quindi molte aziende potendo venderlo come Carnaroli producono quello. Dal punto di vista gustativo la tenuta di cottura del Carnaroli è superiore, e ha pure un contenuto maggiore di amilosio che permette l’assorbimento dei condimenti. In più noi coltiviamo in un contesto che permette la concimazione naturale come una volta: l’acqua di risorgiva, portando la decomposizione organica che arriva dai boschi, dà delle qualità diverse. Ho provato a dare il nostro seme di Carnaroli a un’altra azienda, ma il gusto era diverso.”

© Riserva San Massimo, filari di ciliegi (foto Dino Massignani)

In effetti qui sembra di essere in un altro mondo, sono stati piantati 68 km di filari di alberi da frutto e seminati campi di granoturco per consentire agli animali della Riserva di alimentarsi autonomamente. Ci sono risorgive coccolate attentamente che conducono il limo ai campi di riso apportando idratazione e nutrimento naturale, fossi ai bordi dei campi per permettere ai piccoli animali come gli anfibi di trovare frescura anche quando fa tanto caldo, restando così dove la loro presenza è utile. Tutte cose che ho visto e mi sono piaciute molto.

© Riserva San Massimo, un fagiano e i daini nel bosco

gli alberi inclinati a causa delle nutrie e una rana uscita da poco dal letargo invernale | ©foto Sandra Longinotti

Così come ho visto daini in mezzo al bosco, fagiani con piumaggi ogni volta differenti (ma quanti ce ne sono?) che spuntavano da ogni parte, rane (erano scure quando sono andata io, ancora del colore che pigmenta la pelle durante l’inverno passato sotto terra), nutrie (quelle disgraziate scavano sotto le radici degli alberi che delimitano i terreni lungo i fossi facendoli inclinare…), e tanti altri animali, insetti e uccelli come le anatre selvatiche, per la gioia delle scolaresche che possono sbirciarle dal rifugio costruito come punto di osservazione della lanca.

© Riserva San Massimo: il rifugio di osservazione della lanca

Tirando una riga lo scambio è equo: il mantenimento dell’ecosistema favorisce una crescita sana delle coltivazioni dissetate dalle molte risorgive che portano acqua e limo ai campi di riso concimandoli in modo naturale. Le attenzioni continuano dopo il raccolto con accurate fasi di lavorazione. Come racconta Dino “l’essiccazione avviene con un moderno impianto a gas metano che non lascia tracce di combustibile sui chicchi, è stata scelta una lavorazione veloce per evitare il lungo stoccaggio nei silos (dove è necessario aggiungere sostanze insetticide). Il riso viene pilato lentamente a pietra per non surriscaldarlo e mantenerne tutte le proprietà organolettiche e infine confezionato in atmosfera protettiva con azoto, così nel nostro riso non ci sono conservanti.”

il Carnaroli autentico della Riserva San Massimo e Dino Massignani | ©foto Sandra Longinotti

E nemmeno sostanze tossiche, lo confermano i risultati negativi delle analisi per la ricerca dei maggiori prodotti chimici utilizzati in agricoltura, risultato che Dino mostra con orgoglio, anzi ha pure lanciato una provocazione: “se qualcuno vuole rieffettuare le analisi sul nostro riso, noi contribuiamo al 70% dei costi.”

© Riserva San Massimo: mappa della lanca

Foto mie tranne quelle dove indicato diversamente, scattate da Dino Massignani (grazie Dino!)

Per chi vuole approfondire:

Riserva San Massimo

Sito di interesse Comunitario Parco Lombardo della Valle del Ticino

 

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