❝ Un giro in moto. Una corsa appena fuori porta, tanto per staccare un attimo dal lavoro sentendosi l’aria addosso. O per partire per un viaggio lungo un week end. O un mese, o forse più. E fermarsi in un luogo. ❞
Fermarsi perché c’è un panorama strepitoso, o per incontrare degli amici, o semplicemente per riposarsi un attimo mangiando qualcosa di piacevole. In Italia. Dove? L’ho chiesto ai motociclisti del mondo Food&Wine: chef, produttori, giornalisti, vignaioli, sommelier, imprenditori… suggeriscono giri in moto con stop gourmet. E sono così tanti che li ho suddivisi in diversi articoli, in questo post – in ordine alfabetico – trovate
Rodolfo Giulietti, Riccardo Illy, Filippo La Mantia, Paolo Lottero, Ettore Nicoletto
ognuno di loro mi ha confidato un pezzettino di sé, di come vive le due ruote, e ha suggerito un luogo che frequenta o dove è capitato per caso durante un viaggio in moto. E racconta perché vale la pena fermarsi proprio lì per una sosta.”
BIKE: Ducati Monster 900
BIKER: RODOLFO GIULIETTI, Consulente per le Telecomunicazioni, Istruttore di Guida Sicura su Strada per Motociclisti, Foodie
La passione per la moto è cominciata a 10-11 anni nei primi anni ’70 con un Fantic Motor Caballero 50, una moto da cross con cui “mi sono fatto le ossa”, poi sono passato alla strada col 125 e negli anni mi sono evoluto come cilindrata ma sempre con moto stradali, anche se ogni tanto mi diletto col fuoristrada.
La moto la vivo molto come mezzo quotidiano per muovermi in qualsiasi situazione, per andare da un cliente o per fare una scampagnata al fine settimana, e anche le vacanze preferisco farle in moto perché è più vicina al mio modo di sentire.
Insegno guida sicura su strada – sono istruttore federale dal 2008 – al nostro moto club Curve&Tornanti che ha sede a Polcanto fra Firenze e il Mugello. Non siamo una scuola guida ma ci definiamo l’università della motocicletta perché quello che facciamo è consapevolizzare l’utilizzo della moto, migliorare lo stile di guida e di conseguenza la sicurezza di circolare su strade aperte al traffico, e non come la maggioranza di scuole di guida sicura che sono rivolte all’uso della moto in pista. Dall’anno scorso ho anche allievi giovanissimi, dai 4 ai 14 anni, che frequentano i nostri corsi su mini moto da cross, come attività in Italia siamo ancora all’inizio ma visto anche l’entusiasmo dei genitori penso si diffonderà velocemente.
STOP GOURMET: Ristorante le Spiagge – Palazzuolo sul Senio (FI) ➙ Google Maps
Alle pendici fra il Passo della Colla e il Passo della Sambuca c’è il Ristorante Le Spiagge dove torno sempre volentieri per la simpatia della titolare, la signora Tamara. Prepara tutto lei ed è famosa per i tortelli che sono la fine del mondo, tanto che l’abbiamo scelta come uno dei punti di sosta durante il nostro corso di tre giorni di motociclismo in Toscana.
L’atmosfera è molto rustica, una vecchia casa colonica in pietra con un grande camino in sala che sta acceso tutto l’inverno. Tamara ti coccola e serve in tavola in modo molto familiare, tanto che ti fa sentire come se mangiassi in famiglia col bis, tris e oltre fino a quando non la fermi, ed è tutto talmente buono! Il pranzo finisce con un’abbondanza di dolci caserecci fatti sempre da lei, come minimo ne prepara cinque diversi ed è difficile scegliere, ma una fetta di torta soffice con sopra la confettura di mirtilli è sempre gradita prima di riprendere il giro in moto.
BIKE: BMW GS 1200
BIKER: RICCARDO ILLY, Presidente Gruppo illy e Presidente Domori
Da bambino andavo a sciare a Sesto in Val Pusteria e anche dopo, da sposato, ho continuato a frequentare la zona di San Candido e Dobbiaco, posti bellissimi e sciisticamente interessanti, con un bel carosello di impianti. Ricordo che una volta a 16 anni andai a Sesto col KTM 125 con la neve – tanto avevo le ruote da regolarità – lasciavo gli sci all’impianto che raggiungevo in moto portandomi dietro gli scarponi.
Ho iniziato a girare in moto a 14 anni su un Morini 50 un po’ truccato, poi sono stato in pista per anni.
Col Primavera 125 ho girato l’Italia con amici vespisti, passando per Roma e facendo tutta la costa risalendo dall’Adriatico. Un altro anno abbiamo fatto tutta la costa dell’allora Jugoslavia fino ai confini con l’Albania, l’anno dopo un giro in Svizzera fino a Losanna, risalendo a Zurigo per poi passare dall’Austria al rientro. Con mia moglie Rossana, sposati da poco, siamo andati fino in Grecia con un Kawasaki 900. Sono circa 1200 km di viaggio, allora l’autostrada finiva a Lubiana e poi c‘era solo una strada veloce con una corsia per senso di marcia. Rimanemmo una settimana in tenda sulla spiaggia in un posto magnifico.
Il primo BMW è stato un K100, prima ho avuto la Yamaha XT 600, poi il Super Teneré e anche con quello sono andato più volte in montagna. Al BMW GS sono arrivato proprio dalla qualità del K100, cercavo una moto che potesse andare anche fuoristrada. Un fuoristrada non impegnativo, ma almeno uno sterrato che con una moto da strada è quasi proibitivo, col GS ho trovato un buon compromesso che ad esempio mi ha permesso, fino a un paio d’anni fa, di andare in moto col parapendio nello zaino fin quasi in cima al Monte Nanos in territorio sloveno a una trentina di km da Trieste, dove volavo e poi me ne tornavo a casa.
STOP GOURMET: Post Hotel – San Candido (BZ) ➙ Google Maps
Un posto dove mi fermo volentieri è il caffè ristorante del Post Hotel di San Candido, ci sono i posti-moto a pochi metri di distanza e ci si può accomodare anche all’aperto su una grande piazza poco trafficata. Il ‘Post’ è rinomatissimo per gli aperitivi accompagnati da una grande scelta di amuse-bouche, e la loro è una cucina regionale rivisitata in chiave moderna utilizzando materie prime prevalentemente locali, si mangia molto bene e hanno un’ottima carta dei vini.
Per arrivare da Trieste faccio l’autostrada fino ad Amaro e poi prendo la statale, passo Tolmezzo, Villa Santina, Sappada, scendo verso Santo Stefano di Cadore e risalgo al Passo Monte Croce Comelico, scendo a Sesto Pusteria e infine arrivo a San Candido. E’ una strada tipicamente montana, con alcuni tratti a tornanti ma per lo più di misto veloce, dove ci si può divertire senza essere eccessivamente impegnati con centinaia di tornanti.
BIKE: Harley Davidson Street Glide
BIKER: FILIPPO LA MANTIA, Oste e Cuoco del ristorante Filippo La Mantia, Milano
La moto è sempre stata una compagna di vita, ho le moto da quando ero piccolo, per me è quasi un’estensione del mio corpo, nel senso che non sono mai stato senza.
La Harley è arrivata dopo tantissimi anni di moto più eccessive, più anni ’70 quando c’erano Honda e Kawasaki, poi ci siamo un po’ tutti “raffinati” e in molti siamo passati alla BMW. Fino a quando durante un viaggio in Egitto ho provato una Harley e me ne sono innamorato. Tornato in Italia ne ho comprata una, quella che ho tuttora; per me è una filosofia di vita, è il rumore, l’acciaio, la morbidezza, le forme, è un po’ tutto…
La Harley che è nel mio locale è proprio la mia moto che parcheggio qui perché considero questo posto non tanto come un ristorante ma come una sorta di luogo dove inserisco tutte le cose che vivo, che sono macchine, motociclette, fotografie, c’è un po’ di tutto. E’ una casa con grandi spazi che mi permette di utilizzarli anche per queste cose, non vuole apparire come un locale di tendenza e di design, io ci vivo e mi piace avere qui i miei oggetti. Con i miei clienti parliamo anche di moto, un mese e mezzo fa la Ducati mi ha dato da esporre una moto bellissima e molto costosa che non vendevano, e un mio cliente se l’è comprata in due settimane.
STOP GOURMET: Azienda Agricola Spadafora – Virzì (PA) ➙ Google Maps
Il mio posto preferito in assoluto e il buen retiro è da Francesco Spadafora, produttore di vini in Sicilia e precisamente a Virzì. Negli ultimi vent’anni sono andato nell’azienda di Francesco almeno trenta volte, per me è un luogo di ristoro, di riposo, di meditazione e un posto bellissimo.
Ogni volta che vado in Sicilia in moto passo da lui, lo consiglio a tutti, tra l’altro ha degli spazi bellissimi dove ospita a dormire, ma solo le persone che gli piacciono, perché anche lui vive quel posto come una grandissima casa. Riceve tanta gente, ha una bella piscina e ha ristrutturato una serie di coloniche creando degli alloggi per chi si ferma anche per settimane, spesso stranieri che vanno lì per rilassarsi.
Francesco è diventato vegetariano dieci anni fa, non per moda, ma come gli agricoltori cucina quello che coltiva e ha messo a punto una serie di piatti davvero interessanti con le verdure, che mangi davanti a un panorama mozzafiato sui vigneti.
BIKE: BUELL X1 Lightning 1200
BIKER: PAOLO LOTTERO, Imprenditore e CEO di Strutturafine – Digital Strategist, Social e Content Media Strategist
La mia prima moto è stata un Fantic Motor Caballero 50, 6 marce. Era il ’74, avevo 14 anni ed è stata una battaglia familiare, con un gran colpo di scena finale: mio padre che si è messo di traverso e mia madre che mi ha accompagnato di nascosto a comprarlo!
Sono passati più di 40 anni ma ricordo perfettamente la sensazione grandiosa che è stata sentirne la potenza – avevo appena lasciato la bicicletta, pareva di cavalcare un razzo. E poi lo smonti, lo rimonti ma con qualche variante – il collettore fresato, il getto più grande, la marmitta stappata. E la cosa che veramente conta: il tuo ambiente vitale – la città – diventa più piccolo, lo esplori e te ne puoi appropriare: in poche parole, cresci e senti che puoi andare per il mondo.
Due anni dopo ho avuto un Benelli 2 cilindri, disco anteriore, molto moto, molto bella. A 18 anni, con la patente, si potevano spalancare grandi opportunità, c’erano le Honda 4 Four (350, 500), le Yamaha 2 tempi che andavano come saette (280 e 550, delle bare in realtà), ma arrivò la rivincita di mio padre: basta moto. Sei arrivato vivo fin qui, disse, non tiriamo la corda oltre misura; hai la patente, guida la macchina.
La guido, la macchina, ma a 23 anni appena ho avuto 2 soldi mi sono comprato una Vespa PX usata (che ho ancora). E poi uno scooter, che è il mio mezzo di trasporto / lavorativo fondamentale tutto l’anno in città. E poi una moto per davvero, prima una Yamaha e poi la moto che ho da 17 anni, la Buell X1 Lightining che credo mi accompagnerà alla vecchiaia, cambiando nel tempo – ogni tanto ci si mette le mani e la si customizza un poco – come del resto avviene a me.
STOP GOURMET: 19.28 Aquila Romana – Noceto (PR) ➙ Google Maps
Non faccio cose epiche in moto. Ma sul tragitto per andare al mare – se ho la ventura di essere in moto – c’è un posto che merita l’abbandono dell’autostrada per prendere la piccola deviazione che porta a Noceto, dove si spalanca un’alternativa iperbolicamente diversa dalla tristezza del “Camogli” da Autogriill.
E’ il 19.28, la reincarnazione dello storico ristorante della famiglia Petrini, l’Aquila Romana. Qui ci aspettano le sorelle Petrini – Beatrice in cucina, Fiorenza in sala – e Giuseppe, marito di Beatrice, soprattutto per il bere – ma non è proprio vero: a parte la cucina, la divisione dei ruoli è molto fluida, è tutta gente che di ristorazione ci capisce per tradizione di famiglia. Ma al 19.28 hanno voluto dare un taglio easy, molto moderno nello stile quanto rigoroso nell’offerta, che – insieme alla notevole selezione di birre artigianali e di ottimi vini – ne sta facendo la fortuna.
Il punto è che qualsiasi cosa mangi qui è buona. Buona perché la materia prima – salumi, parmigiano, pane, carne, verdura, grassi – è di gran qualità (siamo a un tiro di schioppo da Parma, per intenderci); e perché Beatrice in cucina sa come si fa, sia che prepari un Beerburger al pub, sia che tu vada al piano di sopra dove l’Aquila Romana si ri-materializza, con la sua classica mise en place e piatti complessi.
Il pattern della cucina non può che essere il territorio, e ci mancherebbe; ma le Petrini Sisters e Giuseppe non sono solo gli eredi di un ristorante storico. Beatrice è una degli chef che da più tempo in Italia esplora le possibilità della birra – artigianale – in cucina, e ne deriva una carta assai articolata, di tradizione e di sperimentazione.
Per me è un po’ come andare a casa di amici che ti fanno le feste quando arrivi e ti avvolgono con chiacchiere, buon cibo, buon bere.
BIKE: l’ultima moto è stata una Honda 600 XRR con cui ho fatto le ultime gare
BIKER: ETTORE NICOLETTO, CEO di Santa Margherita Gruppo Vinicolo
La prima moto me l’hanno regalata a 14 anni e quattro anni dopo ho fatto la mia prima gara, ai tempi si chiamava regolarità poi è stata ridenominata enduro. Ho corso dai 50cc fino ai 4 tempi con 600 di cilindrata. Ho coronato la mia carriera nel 1991 con un quinto e un sesto posto di categoria al mondiale di enduro – Italia e San Marino – correndo privatamente e senza licenza internazionale.
Ho corso talmente tanto e avuto talmente tante moto che a un certo punto mi sono stancato. L’ultima moto l’ho comprata nel 2000, era una Honda Africa Queen, un enduro stradale con cui sono andato in vacanza in Corsica con mia moglie. L’ho rotta, l’ho lasciata lì e due mesi dopo sono tornato a prenderla a piedi, sempre insieme a mia moglie, col pezzo di ricambio. L’ho sostituito e ci siamo fatti un’altra decina di giorni di vacanza. Poi ho detto basta moto, perché evidentemente la passione si era spenta.
Avevo dato e ottenuto molto, sono sempre stato un pilota molto veloce, gli amici mi chiamavano “il Tomba dell’enduro”, ma per fare il salto di qualità avrei dovuto impegnarmi full time: invece ho scelto di dedicarmi allo studio e al lavoro.
Sono felice di aver fatto un’esperienza fantastica anche sul piano umano, ho conosciuto gente meravigliosa e imparato che lo sport con la moto è uno sport trasversale, dove il coinvolgimento e la partecipazione è di tutti, dal professionista, all’imprenditore di successo, al giovane manager, al muratore, alla persona che racimola e risparmia per fare le gare e godersi la moto. E questo mi ha arricchito profondamente, però ogni frutto ha la sua stagione, sembra incredibile e me lo chiedono tutti “Come fai a non correre più in moto?” eppure è così, la moto è un bel ricordo.
STOP GOURMET: Bar Trattoria Da Teresa Cinto Euganeo (PD) ➙ Google Maps
Il Bar Trattoria da Teresa è uno dei tanti luoghi dove si fermavano i motociclisti fuoristradisti padovani quando scorrazzavano per i Colli Euganei, che sono stati una vera e propria palestra, per chiacchierare e condividere le loro gesta della giornata, ma anche per scaldarsi perché si correva anche d’inverno e lì c’era un bel caminetto.
Non ci sono indicazioni per arrivare e non c’è insegna, ma basta il passaparola. Io ci ho passato tutte le pause motociclistiche dai 14 ai 34 anni, tutte le domeniche e anche durante la settimana ci fermavamo lì a mangiare un panino o a pranzare “al salto” mangiando un piatto di bigoli al ragù o la polenta con la soppressa fatta in casa dalla prosperosa Teresa che, carinissima, ti portava dei sottaceti pazzeschi, le cipollotte e i mega peperoni, l’ossocollo (come chiamano la coppa da queste parti) e il pan biscotto (il pane raffermo tostato in forno fino a quando diventa friabilissimo), naturalmente da mangiare senza posate.
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