Sono stata fortunata. Al mio arrivo all’IFSE aveva appena finito di piovere e pur essendo luglio i colori erano bagnati, appena struggenti, in perfetta sintonia con l’atmosfera del giardino pieno di bossi sforbiciati non proprio a regola d’arte topiaria, ma proprio per questo più simpatici.
Una struttura lineare color porpora e una torretta in mattoni che spunta fra gli alberi: ecco il Castello di Piobesi, a 20 km da Torino ma sembra a mille miglia dalla città.
E’ qui che ha sede l’IFSE (Italian Food Style Education) un’associazione senza fini di lucro sponsorizzata da brand importanti, che vuole essere più di una Scuola di specializzazione: “vogliamo formare cuochi in grado di trasmettere il gusto della cucina italiana e dei suoi prodotti d’eccellenza con una particolare attenzione al food styling” ha spiegato il direttore generale Raffaele Trovato. Al secondo piano c’è l’ufficio di Mattia Pariani (ve ne ho già parlato per la sua crema spalmabile all’olio di nocciola), che seleziona e coordina sponsor, partner e valuta progetti speciali.
Qui si frequentano corsi post diploma, professionali e amatoriali. Per chi vuol diventare cuoco c’è un percorso di 400 ore di formazione interna e stage esterni in ristoranti selezionati, con una media di otto-nove ore al giorno in istituto. Tra poco ci saranno anche le camere per ospitare i corsisti, ognuna dedicata a un tema food e a uno chef in particolare, che dovrebbe essere quello che ospiterà in stage l’allievo che pernotta in quella stanza (ma non gli verranno gli incubi?).
Una piccola sessione è dedicata ai bambini, con progetti di avvicinamento al cibo pensati per le scuole. Infine un’idea molto carina pensata per le aziende: “il Team Building, in pratica gruppi di lavoro che vengono qui e cucinano tutti insieme, la cosa funziona benissimo e sta riscuotendo molto successo” racconta Trovato.
L’IFSE è una specie di bomboniera tecnologica dove i dettagli contano molto, e c’è anche tanta sostanza. In ogni aula, in cucina, in sala da pranzo troverete dei monitor (nei bagni no per il momento ;), ma sono ugualmente affascinanti: lavandini arancioni illuminati internamente, rubinetti da alzare e abbassare con un tocco per aprire e chiudere l’acqua…). La spiegazione è semplice: alta comunicazione.
Per fare un esempio in Sala da Pranzo, al centro di ogni tavolo, c’è un microfono wi-fi che durante eventi particolari (la sala può ospitare 40-50 persone) permette di dialogare con lo chef senza obbligarlo a spostarsi sospendendo il proprio lavoro, mentre un monitor consente di vedere cosa accade in cucina, dando la possibilità di seguire una dimostrazione in diretta, chiedere una precisazione sul piatto appena portato in tavola, vedere un passaggio, capire una tecnica.
La didattica tecnologica prosegue. Basta dare un’occhiata all’aula dove il docente spiega dalla sua postazione dotata di telecamera e monitor, posizionata di fronte al lungo piano di lavoro degli allievi, a loro volta forniti di un monitor da cui seguire step by step la lezione. Allievi e insegnante possono quindi interagire fra di loro attraverso la rete interna in uno scambio continuo di informazioni audiovideo. Se un allievo ha un problema basta impostare il suo codice, la telecamera zooma la sua postazione e il docente può intervenire senza muoversi. Ogni allievo (c’è posto per 16) ha il proprio kit di coltelli e attrezzatura “una delle regole della Scuola è non dire mai passami questo che mi serve” spiega Raffaele Trovato “cosa che accelera molto le lavorazione e permette di fare più ricette in un giorno solo”.
Un’altra aula che mi ha colpita è quella di degustazione vini (ma anche olio, cioccolato, miele…), piccola sì ma non manca nulla, ogni postazione è autonoma, con i calici AIS nel cassetto e il piano con i numeri di riferimento per posizionare i bicchieri durante la degustazione.
E siccome oltre al food styling qui si fa molta attenzione al design (esclusivamente made in Italy), l’illuminazione dell’aula si proietta sul pavimento in un gioco d’ombre che forma triangoli o meglio piramidi, richiamando attraverso la piramide alimentare il concetto di cucina salutista fortemente sentito all’IFSE , ripreso con la piramide rovesciata delle teche del corridoio (dove sono esposti i prodotti dei main sponsor) e con quella della reception.
Last but not least un laboratorio di arte bianca che spazia dal pane alla pasticceria (ma si impara anche a fare il gelato) e un’aula dimostrativa per fare le demo agli studenti dei piatti che dovranno realizzare, ma che viene anche utilizzata dalle aziende per presentare i nuovi prodotti ai clienti.
E’ tutto, esco per tornare a Milano e mi imbatto in una lumaca che scivola tranquilla sulla passatoia fra i bossi. L’aria umida le ha fatto rizzare le antenne, sarà mica wi-fi anche lei?
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