Ti piacerebbe preparare a casa un aperitivo con le ricette di due locali storici particolarmente cari ai milanesi come il Bar Basso e Peck? Ecco tre classici del mondo dei cocktail – uno è il Manhattan, molto glam in questo periodo – e le tartine gelatinate, un evergreen degli ultimi settant’anni.
Ho la fortuna di avere le vecchie collezioni de La Cucina Italiana degli anni ’50 e ’60 conservate da mia mamma che ai tempi era abbonata alla rivista, meno male che non ha ceduto alla richiesta di mio padre di buttarle per far spazio ai nuovi numeri! Così ogni tanto le sfoglio e mi immergo in quegli anni lontani, quando i dolci contenevano percentuali di zucchero incredibili e spesso il food styling faceva sorridere… eppure c’erano piatti con un’impostazione precisa e guarnizioni molto specifiche, tanto che alcune sono sopravvissute ai decenni.
Come le classiche tartine gelatinate di quegli anni, che in fondo non ci hanno mai abbandonato e si trovano ancora nelle gastronomie. Pensando a chi avrei potuto chiedere la ricetta il collegamento immediato è stato con Peck, la gastronomia per eccellenza a Milano, che ha mantenuto nel tempo molte ricette tradizionali come quella di queste tartine, semplicissime da replicare a casa con pochi ingredienti: naturalmente della migliore qualità, per un ottimo risultato.
Poi ho chiamato Maurizio Stocchetto, titolare e mixologist del Bar Basso, locale milanese iconico del buon bere miscelato – è qui che nel ’68 suo padre Mirko ha inventato il Negroni Sbagliato e il Mangia e Bevi – dove gli arredi non sono mai cambiati.
Quando sono arrivata al mio appuntamento al Bar Basso, Maurizio aveva già in mente di fare tre cocktail classici degli anni ’20-’30 – Manhattan, Gibson e Cocktail Champagne – da abbinare alle tartine gelatinate con gamberi, caviale, paté e salmone per il nostro aperitivo vintage. Da dietro il bancone, mentre riempiva di ghiaccio il mixing glass per il Manhattan, mi ha guardata negli occhi e mi ha chiesto “ma tu la conosci la storia del cocktail?”
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Storia del Cocktail
[ tempo di lettura 4 minuti ]
“I cocktail sono nati negli Stati Uniti” ha iniziato Maurizio “il motivo è che in Europa avevamo tutti prodotti primari, sintetizzando: l’Italia buon vino e grappa, la Francia champagne, cognac e armagnac, l’Inghilterra il gin, invece gli USA non avevano nulla. Piano piano, spostandosi verso Ovest, i coloni iniziarono ad aprire distillerie. Gli irlandesi facevano bourbon e altri whiskey di segale tipo Rye, che veniva distillato con un mix di cereali dove la segale era predominante. Un altro distillato che andava alla grande era il gin, aromatizzato con bucce di limone, cardamomo, ginepro e tutto quello che si vuole, ma soprattutto un distillato che si poteva produrre ovunque: molto spesso i bar avevano un bagno dove distillavano il gin e infatti scherzando dicevano che era invecchiato in porcellana perché lo facevano nella vasca. L’alcol era diventato così popolare che a un certo punto fu messo fuorilegge perché era diventato un problema sociale, ma anche in pieno Proibizionismo – dal ‘19 al ’33 – fiorivano continuamente distillerie clandestine, i Bootleggers per non farsi scoprire distillavano di notte nei boschi il “moonshine liquor” e arrivava alcol anche dal Canada, superando il confine con gli Stati Uniti attraverso i grandi laghi o via mare.
Come puoi immaginare, in generale la qualità era terribile. Ma nei cocktail si riusciva a mitigarne il pessimo sapore aggiungendo succhi di frutta, maraschino, angostura o altri prodotti. Alla fine del Proibizionismo, quando l’alcol tornò ad essere legale, i cocktail avevano preso piede in un Paese che non aveva né vino né champagne e il bere era destinato a un pubblico maschile, anche se le donne più indipendenti frequentavano i cocktail party.
L’epoca d’oro dei cocktail è andata dagli anni ’20 fino al 1965, il film Colazione da Tiffany rende un pochino l’atmosfera della fine di un mondo, anche perché dal ‘68 la controcultura sostituì “spinello, birra e rock’n’roll” ai cocktail party con musica jazz e abbigliamento elegante. Di conseguenza tutto quello che era legato al mondo del cocktail fu considerato molto conservatore e rifiutato, compreso il bicchiere da Martini di forma triangolare, diventato un’icona dell’establishment.
Il cocktail era sempre molto popolare nella vita quotidiana (non essendoci vino gli americani bevevano cocktail allora come adesso) però tutta la parte più creativa e più elegante si è un po’ persa negli anni ’70-’80, fra i pochi cocktail che hanno resistito c’erano l’Harvey Wallbanger o la Piña Colada o il Mai Tai… tutti abbastanza frivoli, legati a un mondo caraibico o fasullo, mentre i cocktail avevano una colorazione più urbana, per esempio il Martini cocktail era connesso – come lo è tuttora – a un mondo ottimista, se uno lo beveva era perché celebrava qualcosa o aveva bisogno di concentrarsi su qualcosa, e questa specie di piccolo feticcio aveva un sacco di significati intrinsechi di ottimismo, successo, urban lifestyle: andava di moda nelle grandi città, mentre nei posti rurali bevevano un buon bicchiere di whiskey, senza cercare quella raffinatezza del Martini che racchiude un mondo.
Era un’epoca in cui molti si spostavano nei sobborghi eleganti delle grandi città, le donne non lavoravano, c’erano gli elettrodomestici e il rito di stare in casa, dove spesso c’era un bar vero e proprio come si vede in certi film degli anni ’60 tipo “Il laureato” e in molti altri non mancavano scene familiari in cui la moglie preparava il cocktail al marito appena tornato dal lavoro. Poi però questa usanza si è persa; l’interesse per il cocktail si è risvegliato improvvisamente negli anni ’90, ma mancava un passaggio costante fra generazioni con i genitori che insegnavano ai figli come bere, una generazione è saltata e quella successiva si è ritrovata orfana di un passato che non ha mai avuto e ha cercato di recuperare. In parallelo è ritornata un’attenzione per il jazz, e in questi ultimi 15 anni con l’arrivo di internet e la sua enorme quantità di informazioni rispetto a quella della carta stampata si è sviluppato nuovamente un interesse vivace per i cocktail.
Verso la fine degli anni ’80 si sono accesi i riflettori sulla vodka; in Svezia veniva distillata l’Absolut, resa famosa da una bellissima campagna di comunicazione. Quando poi c’è stato il crollo del muro di Berlino la vodka della Russia, della Polonia e degli altri paesi dell’Est ha iniziato a diventare accessibile, e sono uscite diverse vodke speciali tipo la Chopin e la Belvedere polacche, e la Grey Goose francese ma prodotta dagli americani.
Così la vodka dagli anni ’90 fino a 7 anni fa ha avuto un boom incredibile in un ‘epoca in cui tutto il mondo dell’alcolistica, che prima era formata da migliaia di piccole o grandi distillerie, si è concentrata in cinque grandi majors che hanno preso sotto il loro ombrello tutte le case rimanenti. La vodka è stato un prodotto super reclamizzato, e avendo quasi tutte le majors una vodka importante hanno influenzato pesantemente i ricettari di cocktail che sono seguiti, e tutti i prodotti ambrati come i whisky, i cognac, certi rum e l’armagnac sono andati un pochino in disuso o considerati più vecchi mentre i white spirits come la vodka e il gin sono diventati centrali.
Adesso il gin sta ripetendo pedissequamente il programma – marketing – fatto con la vodka 20 anni fa. Sono prodotti poco costosi perché non richiedono invecchiamento, e diversamente da whisky e cognac non hanno capitali bloccati in botti che devono invecchiare per 10-12-15 anni a seconda dell’opinione del master blender.”
Molto interessante, grazie Maurizio.
I cocktail sono pronti, la gelatina delle tartine luccica attraendo il nostro sguardo… da quale iniziamo? Bella domanda.
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Tartine gelatinate di Peck
pancarré bianco affettato
maionese
uovo sodo
prezzemolo tritato fine
- Elimina la crosta dalle fette di pancarré (mettila da parte per un’altra preparazione) e ritagliale a tondi utilizzando un coppapasta del diametro di 5,5 cm.
- Forma un anello di salsa maionese su ogni disco di pane con l’aiuto di un sac à poche.
- Passa al setaccio fine l’uovo sodo e mescolalo col prezzemolo.
- Intingi le tartine nell’uovo sodo e prezzemolo per fissarlo sulla maionese.
AI GAMBERI
code di gamberi lessate
5. Posiziona al centro dell’anello di maionese metà gambero cotto tagliato longitudinalmente, con la parte esterna rivolta verso l’alto.
AL CAVIALE
caviale
5. Posiziona un cucchiaino da caffè di caviale al centro dell’anello di maionese.
AL SALMONE AFFUMICATO
salmone selvaggio affumicato
5. Posiziona al centro dell’anello di maionese una fetta di salmone piegata a forma di rosellina e guarnisci con un cappero dissalato.
AL PATÉ
pistacchi di Bronte
paté Peck
3. Sostituisci l’uovo sodo e prezzemolo con pistacchi sgusciati, sbucciati e tritati.
5. Posiziona al centro dell’anello di mascarpone un medaglione di pâté e personalizzalo incidendo la supeficie con uno stampo a forma di lettera.
GELATINATURA
gelatina chiara
6. Sistema le tartine in una teglia a bordi bassi.
7. Sciogli a bagnomaria una quantità sufficiente di gelatina, poi estrai dall’acqua calda il recipiente che la contiene e mettilo in un altro contenente acqua e ghiaccio, mescolando la gelatina finché fredda. Versa la gelatina in un sac à poche usa e getta e taglia la punta creando un piccolo foro.
8. Gelatina in una volta sola tutte le tartine con delicatezza per non rovinare gli ingredienti.
9. Trasferisci le tartine in frigorifero a solidificare.
10. Coppa le tartine col coppapasta che hai utilizzato per tagliare il pane e collocale nei pirottini.
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Cocktail
[ come li prepara Maurizio Stocchetto al Bar Basso ]
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MANHATTAN
Riempi di ghiaccio il mixing glass, scola l’acqua che si crea durante il processo di raffreddamento, versa 1/3 di Vermouth rosso, 3-4 gocce di Angostura e 2/3 di Whisky, mescola con lo stirrer girando 3-4 volte -non troppo altrimenti si scioglie il ghiaccio – quindi appoggia lo strain sul mixing glass e versa il Manhattan in una coppetta guarnita con una ciliegina da cocktail.
COCKTAIL CHAMPAGNE
Metti sul fondo di una coppa da champagne una zolletta di zucchero, bagnala con gocce di Angostura fino a quando diventa marrone, aggiungi una fetta di arancia e una ciliegina da cocktail. Versaci sopra lo champagne e aggiungi un paio di cucchiaini di una miscela preparata in un bicchierino a parte mescolando un cucchiaio di Grand Marnier con uno di Cognac.
GIBSON
E’ una specie di cugino del Martini cocktail.
Prendi un bicchiere da cocktail, guarniscilo con una cipollina infilata in uno stecchino di legno. Raffredda un mixing glass come hai fatto per il Manhattan, versa 1/10 di Vermouth dry e 9/10 di Gin. C’è chi dice che ci andrebbe un Plymouth Gin ma anche un London Gin va benissimo.
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per chi vuole approfondire:
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Un pensiero riguardo “Cocktail e tartine? Bar Basso + Peck, et voilà l’aperitivo!”