Questa intervista nasce da una risposta di Massimo Bottura a un mio tweet sul perché non mi avesse vista alla Fonderia Napoleonica (che conosco bene perché proprio lì c’è Strutturafine, la società del mio fidanzato che si occupa di strategie e comunicazione digitale per il Food e di personal branding) dove la settimana scorsa ha interpretato lo Zacapa XO con un piatto molto particolare e trasformando in modo quasi alchemico il rum in nuvole che ha “versato” nei bicchieri, ispirandosi alla “Casa sobre las nubes” sugli altipiani del Guatemala, a 2300 metri di altitudine, dove invecchia lo Zacapa dopo la distillazione. Così, dopo un po’ di impegni reciproci, l’altra sera abbiamo fatto una chiacchierata mentre era in viaggio.
Proprio perché non ho vissuto quel momento (l’evento si ripete oggi a Verona e il 10 aprile a Roma, per info scrivete alla mail in fondo al post), ho chiesto a Massimo di raccontarmi come l’ha vissuto lui… le emozioni che ha provato mentre presentava le sue nuvole e il suo piatto in una location così affascinante come la Fonderia Napoleonica, respirando la Fragranza creata da Laura Tonatto per Zacapa e ascoltando live jazz dalla tromba di Stefano Serafini (“tasselli” che insieme all’Elisir di Massimo Bottura e al racconto di Roberta Corradini appartengono al nuovo cofanetto limited edition Zacapa XO).
“L’XO è molto interessante e l’avevo già interpretato due anni fa miscelando la musica, la mia idea del rum e di cosa rappresenta (trovate in fondo il link al post che scrissi in quell’occasione), questa volta il mio approccio è stato molto più poetico perché siamo andati in profondità su quello che voleva rappresentare XO, pensando al terroir. Abbiamo visto il video di come viene fatto questo rum, il territorio dove cresce la canna da zucchero, e poi il sogno, sopra le nuvole. Da lì ho iniziato a ragionare sui profumi, la fragranza e anche i suoni, tutte domande che stimolavano la mia creatività. Mi hanno chiesto cosa potessi fare per regalare 10 piccole chicche che rappresentassero Zacapa, e allora ho cominciato ad applicare queste domande a quello che faccio tutti i giorni, e a cui rispondo coi miei piatti e le mie idee.”
“Prima di tutto abbiamo estratto l’anima dalle bottiglie togliendo la parte alcolica e concentrando a bassa temperatura per non rovinare i profumi di vaniglia, le tostature, cercando di estrarre tutta la parte volatile dell’alcol concentrando i sapori col Rotovapor, creando 10 minuscole microbottigliette che rappresentano l’anima di XO.
Il secondo approccio è la volatilità, questo senso di leggerezza e di poesia, la nuvola… quindi ho usato la stessa macchina che ho sperimentato per creare la nebbia di parmigiano-reggiano, trovando la giusta proporzione per riuscire a creare una nebbia di rum che si respirasse, lasciando il senso del distillato al palato senza avere un contatto diretto perché ho creato una nuvola, praticamente un vapore acqueo di rum, il sogno.
Per ultimo la selva, il territorio. Quindi partendo dall’idea che sto sperimentando sul camouflage ho fatto una crème quasi royale, però miscelandola col cioccolato, quindi ho fatto un civet molto animale, di lepre e spezie che rappresentassero il territorio, che ho contaminato col cioccolato, creando una crema di animale profumata al cioccolato, dove ho inserito una parte di concentrazione di rum che avevo estratto prima. Quindi rum, cioccolato, animale e spezie, cioè il territorio, la selva. Mi mancava la parte verde della selva vera, che ho reiterato con 8-9 diverse polveri con una colorazione che ricorda il camouflage, la selva dove nascondersi.”
“Ho estratto erba fresca e erba bruciata, rapa rossa (però concentrata, quindi quasi marrone), topinambur, pane, cioccolato, caffè, funghi tostati e polverizzati, tartufi… una serie di varie disidratazioni che mi ricordano il bosco, la mineralità, e abbiano questi toni fra il marrone, il verde e il nero. Quindi ho ricreato un camouflage pensando a Picasso.
L’idea è Gertrude Stein che parla con Picasso, discutono sull’autotreno militare. Era il 1914, prima della Prima Guerra Mondiale, nessuno l’aveva mai visto, poi una notte d’amblé camminando in Boulevard Raspail vedono passare un autotreno militare. Picasso impazzisce, inizia a urlare “quello l’abbiamo inventato noi, quello l’abbiamo inventato noi, quello è cubismo.” Allora la mia idea è che se Picasso riesce a vedere il Cubismo in un autotreno militare io posso vedere il rum Zacapa dentro la selva.
Questo è come nasce tutto, quindi hai la parte trucida, l’animale che muore, il civet, la classicità… non puoi fare questi pensieri se non conosci la storia, e per fare questo piatto devi conoscere il civet di lepre, che contamini. Devi conoscere la materia prima, con quale cioccolato abbinare il rum. Da lì il Criollo che è uno dei migliori cru di cioccolato al mondo, ma è anche pulizia, tostature che si sposano perfettamente col selvatico della lepre. E poi l’idea del rum abbinato al cioccolato con la lepre, quindi il rum che rompe i confini fra il dolce e il salato, poi tutto il resto.”
In questa tua rappresentazione dev’essere stato bellissimo il sottofondo jazz di Stefano Serafini…
“Era una tromba jazz che ci faceva volar via… se pensi alla musica e ti isoli da tutto… che cos’è il lusso nell’era moderna? Tempo, spazio e silenzio. Ma per me il silenzio è anche la musica, perché quella che scelgo per me è silenzio, io penso, mi ispiro, trovo il massimo della creatività nel momento in cui trovo un isolamento completo. E l’isolamento completo lo trovo quando mi immergo nella mie passioni. “Uno può immergersi nel silenzio” come diceva Roland Barthes e lì trovi creatività, ma puoi anche immergerti nella musica e trovare ispirazioni. Il jazz quando diventa passione è veicolo di trasmissione di emozioni, e da lì puoi immaginare tutto, il silenzio come le nuvole ma anche la selva col jazz e magari Monk, che suona come un pianista, come un tribale che batte sui tamburi in modo compulsivo. E’ difficile ma conoscendo un po’ il jazz si capisce la passione e come si integra il discorso.”
C’era anche Roberta Corradin che ha letto il racconto del suo viaggio in Guatemala in visita a Zacapa…
“Roberta Corradin ha rappresentato con le parole le emozioni che io rappresento coi piatti. Tutti noi ci poniamo delle domande, viaggiamo con gli occhi e le orecchie aperte per cercare di farci contaminare in modo saggio, non selvaggio, e a queste domande diamo delle risposte, per lei sono le parole, per me sono i piatti, per un artista le pennellate su una tela.”
In Fonderia si è creata l’atmosfera giusta?
“Sì, per me la Fonderia Napoleonica è stato un luogo straordinario per fare questo evento, mi è piaciuto moltissimo perché mi ha ricordato molto The Singular Patagonia Hotel, un vecchio mattatoio di pecore trasformato in uno degli hotel più belli che ho visto nella mia vita, recupero di una architettura industriale del passato fatta nel rispetto del passato: lo guarda in chiave critica prendendo il meglio e portandolo nel futuro.”
E che sensazioni ha dato il profumo?
“Il profumo è l’olfatto, quando entri nella connessione di queste nuvole che rappresentano la nebbia ma anche le nuvole di Zacapa, sono soprattutto i profumi che ti fanno volare via, ti fanno immaginare qualsiasi cosa, nebbia o nuvola comunque navighi a vista e sogni attraverso il profumo, perché quando hai la nebbia davanti a te che oscura tutto, dietro quel mantello di nebbia hai il tuo sogno e puoi immaginare qualsiasi cosa, anche una lepre dentro la selva. Dentro la quotidianità, dentro questa ossessione da cui siamo presi ogni giorno, lasci libero lo spazio della poesia in cui tuffarti per immaginare qualsiasi cosa. Da lì nascono tutte le creazioni.”
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per chi vuole approfondire:
Osteria Francescana di Massimo Bottura
il mio post su Massimo Bottura che interpreta lo Zacapa nel 2011: Avete mai leccato un’idea?
“Picasso” di Gertrude Stein (Adelphi)
“Figure del Silenzio” dal sito della Fondazione Carlo e Marise Bo dove si parla del linguaggio del silenzio, anche di Roland Barthes (ne consiglio la lettura, è bellissimo)
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Un pensiero riguardo “Lo spirito in una nuvola \ by Massimo Bottura”