Come dice una mia cara amica che recensisce ristoranti su una guida che mi piace molto, per farsi veramente un’idea della cucina di uno chef bisogna tornare a provarla almeno tre volte.
Bene, io ho perso il conto di quante volte sono stata all’Aquila Romana a Noceto perché ho iniziato ad andarci da bambina, quando il menu era sintetizzato chiaramente con una targa appesa sopra l’ingresso della cucina: “Qui si mangia quello che passa il… Convento”.
E quanto passava quel “convento” dava gran soddisfazione, anche se le portate erano un po’ tantine e ad ogni step si cambiava vino. Ricordo benissimo l’apparecchiatura ridondante di bicchieri e posate, l’ambiente caldo di legno e fresco di tovaglie candide, l’ottima cucina emiliana, l’abbinamento con i vini e soprattutto il fascino del “direttore d’orchestra” Giorgio Petrini, che con la sala sempre piena ti faceva sentire al centro di mille attenzioni.
Ti raccontava i piatti, ti raccontava i vini, ti affascinava mescendo e scaraffando, poi passava con una grossa ampolla dal lungo beccuccio ricurvo e versava un altro vino dall’alto facendolo scendere ad arco. Ed io ragazzina lo osservavo ammirata chiedendomi ogni volta se avrebbe centrato il bicchiere…
Come ultima magia si avvicinava al tavolo per preparare il dessert alla lampada, e incendiava l’ananas sotto ai nostri occhi… si chiudeva sempre soddisfatti con quel flambé.
Infine, da buon cerimoniere oltre che grande intenditore di vini, salutava con galanteria le signore regalando loro una rosa (e ricordo ancora quella volta che insistette per donarne una anche a mio fratello, reo d’essere astemio :D).
Per tanti anni l’Aquila Romana è stata una tappa golosa dei nostri trasferimenti estivi al mare, giusto a metà strada. Poi le mie vacanze sono state a lungo altrove e si era persa quella bella abitudine, fino a quando qualche anno fa a Cibus ho incontrato per caso Beatrice Petrini e suo marito Giuseppe De Michele che per i giorni della manifestazione si stavano occupando del ristorante dello stand dei Formaggi Svizzeri ed è ricominciata così la frequentazione dell’Aquila Romana. Ho conosciuto sua sorella Fiorenza e con la mia famiglia e i nostri amici abbiamo ricominciato a frequentare il locale che (con mia grande gioia) era rimasto come allora, solo non si mangiava più quello che passava il convento ma una cucina emiliana più attuale e alla carta, quella di Beatrice: Giorgio Petrini e sua moglie avevano passato il testimone alle figlie.
Adesso l’Aquila Romana non è più dov’era e com’era. Beatrice, Fiorenza e Giuseppe, un solido trio di grande professionalità, calore e simpatia, si sono spostati nel locale più vecchio di Noceto che hanno ribattezzato 19-28 Aquila Romana perché ha una doppia personalità (naturalmente emiliana) espressa su due piani (vedete Fiorenza che ci saluta dal primo), un must per i nostri pit-stop e non solo. Curiosi? Ve ne parlo in questo post ;)
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©Foto mie e di Strutturafine
7 pensieri riguardo “L’Aquila Romana, com’era”
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Buongiorno
Sento mio dovere scrivere due righe. Senza sapere cosa stessi facendo, mi sono trovato a pranzo all’Aquila Romana di Busseto.
Era il 1970 circa, io e il mio collega, si era da quelle parti per lavoro, abbiamo pensato di entrare, prenotare, mangiare…come in un qualsiasi ristorante…invece no…si inizia quando tutti i commensali sono presenti al loro tavolo…il menù fisso…sbalorditivo…un vino ad ogni portata…siamo arrivati in fondo non volendo più uscire, alle signore una rosa, ai signori un sigaro. Sono passati tanti anni, ma il ricordo è sempre presente sino a farmi cercare sul web per rivivere quella giornata.
Grazie Sig. Petrini
Grazie per questo ricordo Sergio, lo condivido pienamente perché anche per me era così :)
Fiorenza e Beatrice saranno sicuramente felici di leggerla.
Ho frequentato molto spesso L’Aquila Romana di Noceto negli anni.’70
Sono molto fiero di aver conosciuto l’oste Petrini,così si definiva.Ambiente straordinario,ogni volta per me era una festa,dal gustare tutti i cibi che ci proponeva,al bere.Ricordo alla fine una miriade di bicchieri che rimanevano nel tavolo( rigorosamente rotondo),precedentemente riempiti con maestria per ogni pietanza.Non mi pesava fare i circa 600 km ,fra andata e ritorno,che mi separavano dalla mia Maremma Toscana.Un grande ricordo,per un ambiente,e soprattutto per un grande Oste…Petrini
E’ vero Paolo, sapeva affascinare e dare le giuste attenzioni a tutti i suoi ospiti, anche a me che allora ero una ragazzina :)
Ci sono stata una volta sola, più di 20 anni fa,, una gita fatta apposta per pranzare in questo locale.
Fu un meraviglioso regalo di un amico, non sapevo sarei andata in un ristorante così famoso e io figlia di ristoratori e a mia volta, ristoratore, lo apprezzai infinitamente.
Negli anni ho sempre ricordato L’Aquila Romana come un posto unico certamente per il cibo ma fu l’accoglienza che mi colpì particolarmente, così calorosa e familiare. Ancora oggi metto in pratica quello che imparai da loro : un sorriso e un saluto gentile.
Antonella sono felice che anche lei abbia colto l’essenza dell’accoglienza della famiglia Petrini, per me che andavo all’Aquila Romana fin da ragazzina era chiarissimo che quell’atmosfera nascesse per la bontà dei piatti in sintonia con la professionalità del patron Giorgio, affascinante prestigiatore della sala per i miei occhi da adolescente. Le consiglio di andare a trovare Beatrice, Fiorenza e Giuseppe nel nuovo locale 19-28 Pub Gourmet Aquila Romana che è proprio lì a pochi passi.