Come fanno il prosciutto di San Daniele
Vi siete già chiesti cosa c’è dietro al gusto e agli aromi di un buon prosciutto? Questo è quello che succede in un prosciuttificio di San Daniele (potete visitarlo anche voi durante Aria di Festa).
Se pensate di entrare in una grotta dove ammirare i prosciutti appesi a stagionare, cancellate tutto. Qui è come essere in Svizzera. Prima della visita dovrete indossare impermeabile, cuffietta e sovrascarpe per motivi di igiene (la cosa non migliora il look ma è divertente, anzi portatevi la macchina fotografica per poter poi ricattare i vostri amici…).
L’igiene è fondamentale, quindi occhio a dove mettete i piedi per non scivolare perché spesso i pavimenti sono bagnati (viene impacchettato solo il monitor e ogni giorno tutta la catena di lavorazione viene insaponata e lavata a fondo… magari facesse così anche la mia colf !). Portatevi un golfino perché le celle frigorifere sono da brivido…
Passerete attraverso tutte le fasi, dalla salatura all’operazione finale di stuccatura. Lo stucco è un impasto bianco di grasso di maiale e farina di riso (e non più di frumento, per evitare il glutine) che serve a proteggere e a mantenere morbida la parte senza cotenna.
E’ lì che a fine stagionatura verrà inserito un particolare osso (di cavallo) per valutare gli aromi e la qualità del prosciutto. Se i profumi sono quelli giusti, ai marchi impressi sulla cotenna si aggiunge quello del Consorzio che certifica il vero San Daniele dop, anche se la prima cosa che si nota è certamente lo zampino (gli altri prosciutti non ce l’hanno). Ma a volte anche il San Daniele deve rinunciarvi: viene tolto al prosciutto disossato (ormai molte salumerie lo richiedono così), e per motivi di esportazione anche a quello che trovate negli USA.
Si ringrazia per le foto di Marco Signorini tratte dal libro “San Daniele: la natura, la città, la gente, il prosciutto” di Mario Dondero e Marco Signorini – Damiani Editore
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