Su Taste of Milano 2010 intorno al 23-24 di settembre c’è stata parecchia agitazione. Probabilmente il catalizzatore è stato il post di Enrico Sola su Dissapore.it, complice anche una battuta sul gay style, politically incorrect ma decisamente pregnante tanto da aprire una discussione parallela.

A bocce ferme, dico la (modesta) mia; anche perché Taste of Milano 2010 mi era sembrata una bella iniziativa, le ho dedicato più di un post, un articolo su L’Espresso e un servizio di cucina su Grazia, e ci sono tornata per una giornata per vedere e sentire le opinioni sul campo.

In sintesi, resto dell’avviso che l’evento si basi su una bella idea. A questa “edizione zero” appena passata ci sono stati diversi problemi di organizzazione sicuramente risolvibili in una futura edizione, così come credo sia opportuno che gli organizzatori rivedano le proprie richieste economiche. Questo è quello che penso, se volete sapere perché continuate la lettura (ma preparatevi, perché è lunga, anche se potete saltabeccare fra i grassetti che vi interessano).

Questa è Taste of Milano 2010 domenica 26 settembre (l’ultimo giorno della manifestazione) all’una. Giornata splendida, sole caldo e un’unica coda consistente davanti al temporary restaurant di Aimo e Nadia. Dopo quello che avevo letto nei giorni scorsi sul web mi aspettavo ben altro.

Taste of Milano 2010 - durante il lunch di domenica 26 settembre (ore 13)  | ©foto Sandra Longinotti

Il giorno dell’inaugurazione (il fatidico giovedì 23) c’ero, ma ero entrata per la press preview un’ora prima dell’apertura ufficiale, e naturalmente a quell’ora doveva iniziare ancora tutto. Avevo incontrato talmente tanti amici e colleghi che mi ero fermata a chiacchierare e fra una foto con la mucca svizzera (ho un debole per le mucche finte!) e un assaggio di Tête de Moine e formaggi elvetici vari erano arrivate quasi le otto, così sono uscita proprio mentre stava entrando una marea di gente. Non avevo provato nessun piatto perché avevo un appuntamento a cena,  ma una cosa l’avevo notata: non sapevo dove appoggiare il mio bicchiere (confermo, di plastica: ma onestamente non ci vedevo nulla di strano essendo in mezzo a un parco) mentre assaggiavo i formaggi e viceversa. Non riuscivo neppure a trovare un cestino per buttare piatto e bicchiere, e alla fine mi ha salvata un classico cestino verde comunale appeso a un palo. E dire che mi aspettavo una bella raccolta differenziata in stile Slow Food!
Fra acquazzoni (veri) e impegni vari, sono tornata al parco domenica 26 all’ora di pranzo, e già mi sembrava strano non trovare code all’ingresso e alla cassa Ducati (la “moneta locale” per acquistare food&beverage). Di gente ce n’era molta e, come dicevo, c’era una bella fila davanti allo stand di Aimo e Nadia, il primo dei ristoranti che si incontravano entrando alla manifestazione. Andando oltre, rispetto a giovedì erano apparsi dei punti di raccolta rifiuti (e chissà perché i sacchi erano appesi all’esterno?), gente rilassata seduta sul prato e un po’ a quei tavoli che sempre giovedì non avevo notato (probabilmente sono arrivati dopo, come diversi pezzi delle varie installazioni degli stand…).  Mi fermo ad assaggiare un Parmigiano Reggiano Riserva 24 mesi Selezione Monti di Parma e chiedo in che valuta vendano. “Prima potevamo accettare solo euro, adesso però l’organizzazione ci ha detto che possiamo prendere anche i Dobloni” (ahahah). Il formaggio? Buono, buono, ne ho comprato anche un pezzo (in euri…:). Ho riso meno quando a un banco successivo un produttore mi ha detto che sì, potevano vendere anche in ducati, ma che poi l’organizzazione nel cambio tratteneva loro il 10%.  Però.
Subito dopo incontro Davide Oltolini, critico enogastronomico esperto in analisi sensoriale, che quella mattina aveva tenuto il suo ultimo incontro di degustazione di Formaggi Svizzeri. Gli ho chiesto subito come fosse andata. “Giovedì avevamo 22 prenotati, si sono presentati in una settantina e siamo riusciti a farne accomodare 50. La seconda sera nonostante l’acquazzone avevo più di trenta persone. Lo spazio era quello della scuola di cucina, predisposto per due persone a postazione per un totale di 22 partecipanti, abbiamo aggiunto una o due sedie a ogni postazione ma nonostante questo ieri e oggi non abbiamo potuto accogliere tutte le richieste.”

Davide Oltolini e i Formaggi Svizzeri a Taste of Milano 2010  | ©foto Sandra Longinotti

Salutato Davide ero troppo curiosa di assaggiare i piatti fotografati per il servizio su Grazia (vedi backstage pre Taste of Milano 2010) e soprattutto vederne la differenza dovuta al take-away.

Il mio primo assaggio è stato l’Insalata liquida con sfera di baccalà al nero di Andrea Berton. Fila poca e scorrevole, Andrea era lì e ho colto subito l”occasione per domandargli le sue impressioni. “A noi è andata bene. Io non mi sono trovato in difficoltà, dietro ho 7 cuochi, ci siamo organizzati perché comunque bisognava tenere alto il livello qualitativo, ci siamo adattati ma la qualità è rimasta la stessa. Se uno è creativo può trovare delle soluzioni anche rispetto ai contenitori utilizzati. Quando posso esco a fare due chiacchiere, l’unica cosa che manca sono i posti a sedere: troppo pochi”.
Quindi tornerai alla prossima edizione? “A condizione che vengano messe a posto le cose che sono mancate quest’anno. La disposizione dei ristoranti va gestita meglio, mettendoli tutti nella stessa area. Adesso la gente si ferma tutta all’inizio dove ci sono i primi 4 ristoranti e noi che ci troviamo più in qua siamo un po’ penalizzati, Cracco poi che è qui dietro è ancor più penalizzato. Comunque oggi a pranzo abbiamo venduto 700 assaggi e non abbiamo mai avuto fila perché ci siamo potuti organizzare ancora meglio dato che il Trussardi alla Scala è chiuso e metà del ristorante è qui.”
Quando gli ho chiesto in che tipo di cucina lavorassero mi ha subito invitata dietro le quinte (come hanno poi fatto gli altri chef con cui ho parlato) e io ho scattato, giudicate voi. E la sfera di baccalà? A forza di parlare era diventata tiepida, Andrea voleva cambiarmela con una appena fatta, ma non ho voluto, mi spiace sprecare il cibo. E ho fatto bene, era comunque eccellente: ha ragione mauro_zz a pentirsi di non averla assaggiata.

Andrea Berton, la sua "Insalata liquida con sfera di baccala' al nero" e la sua cucina a taste of Milano 2010  | ©foto Sandra Longinotti

A due passi c’era Sadler, non potevo perdermi i suoi “Paccheri farciti di stoccafisso mantecato, pesto di rucola e raspadura lodigiana”. Buonissimi, li vedete sotto in foto (ho fatto pure un giro in cucina).

Prima però ho fermato un gruppetto di studenti e ho chiesto loro cosa pensassero di questo Taste of Milano 2010. Il più estroverso mi ha subito detto che 22 euro solo per capire che tipo di evento fosse erano veramente troppi (e non posso dargli torto, anche se in effetti non aveva considerato l’opportunità di seguire le varie lezioni e degustazioni) “certo, è giusto pagare un ingresso, ma io proporrei un totale di 15 euro comprensivi di un blocchetto da 10 ducati. E poi niente sovrapprezzo per chi acquista il biglietto alle casse” si riferiva ai 2 euro di prevendita che si pagano acquistando il biglietto in anticipo sul sito o attraverso TicketOne che sono stati chiesti anche a chi ha acquistato il biglietto al parco. Sono pienamente d’accordo.

la cucina di Sadler installata a Taste of Milano 2010 e i suoi "Paccheri farciti di stoccafisso mantecato, pesto di rucola e raspadura lodigiana"  | ©foto Sandra Longinotti

Erano già le tre e nell’attesa che tornasse Sadler mi sono avvicinata al Park Restaurant.

Mentre ordinavo una “Mousse di cioccolato e zenzero con cremoso al lampone” vicino a me c’era una coppia di amiche che avevano fatto la stessa scelta e ho colto l’occasione per chiedere un loro parere sugli assaggi di Taste of Milano 2010: opinioni precise e variegate, segno comunque di una buona educazione gastronomica. Anche da loro una valutazione critica sul costo del biglietto sia in valore assoluto che in relazione a ciò di cui dovrebbe essere il corrispettivo: almeno le bevande…

"Mousse di cioccolato e zenzero con cremoso al lampone" del Park Restaurant | ©foto Sandra Longinotti

Mi giro e riconosco Lucia e Remo Latronico, titolari di Ottone I, un ristorante di Sarzana dove sono stata più volte (se passate di lì vi consiglio di provarlo). Mi interessa sentire un parere di chi fa ristorazione. “E’ stata una manifestazione interessante” mi dice Remo “bisognerebbe che gli stand dove acquistare qualcosa da bere fossero vicini ai ristoranti e poi aumentare i posti a sedere.”
Cosa avete assaggiato? “Ottimo il Riso nello stecco di Sadler, siamo venuti a Milano e l’abbiamo mangiato volentieri anche come piatto rappresentativo della città. In più è comodo da mangiare, così come la cucina giapponese che si presta molto a questo tipo di evento. Poi abbiamo trovato molto simpatici i ristoratori di Bianca e carina la famiglia di Oldani, dinamici e gentilissimi, bello vederli coi due figli a collaborare tutti insieme. Invece avrei assaggiato volentieri la cucina di Aimo ma ho desistito per la coda chilometrica.”
E della manifestazione in sé? “Il contesto è affascinante, la ristorazione è difficile da portare in giro e poi gli italiani sono abituati bene. Siamo venuti apposta per capire i clienti milanesi che poi vengono nel nostro ristorante” vedo che hanno al collo il Biglietto Premium, quello da 52 euro, e mi dicono “a parte il blocchetto da 10 ducati non abbiamo poi capito in cosa consistessero i benefit riservati a chi acquistava questo biglietto” e infatti avevano ancora attaccato il cedolino del drink di benvenuto…

Remo e Lucia, titolari del Ristorante Ottone I a Sarzana (SP) a Taste of Milano 2010  | ©foto Sandra Longinotti

Intanto era tornato Sadler e sono andata a scambiarci due parole (anzi 4 o meglio 8).
Claudio, in rete ho letto tante lamentele su Taste of Milano 2010, ora che hai vissuto questa esperienza in prima persona che ne pensi? “Dobbiamo pensare innanzitutto all’immagine della nostra città, che esula da qualsiasi altra considerazione. Per Milano questa è un’ottima occasione per allinearsi ad altre città europee dove viene proposto questo format. Avere dei ristoranti come i nostri a disposizione del grande pubblico è un’occasione importante per assaggiare la nostra cucina e per i ristoratori di presentarsi al grande pubblico, ogni volta che sei apprezzato è probabile che succeda qualcosa. Abbiamo visto della bella gente, che magari non verrà mai al ristorante per vari motivi ma a cui resterà un bel ricordo se avrà apprezzato i nostri assaggi”.
E le dimostrazioni che hai fatto al Teatro degli Chef? Qualcuno si è lamentato perché hai portato il Bimby… “Quando faccio scuola di cucina mi presento per come sono, chi non ha un attrezzo basta che alzi la mano e gli dò subito un’alternativa. Tante tecniche che utilizzo nella mia cucina le ho sempre spiegate semplicemente: il sottovuoto, il Bimby, il forno a vapore, il sifone… a chi mi chiede rispondo, anche perché faccio e dico solo quello che so”.
Anche voi avete avuto code? “Da noi l’attesa non superava i due minuti. Non abbiamo la sfregola di fare delle cose complicate per sorprendere le persone e siamo abituati a lavorare velocemente. Invece resta fondamentale l’attenzione costante sulla qualità, ieri ad esempio abbiamo rimandato indietro 150 kg di tonno che non andava bene rischiando di non avere il piatto,  l’abbiamo riordinato da un altro fornitore che fortunatamente aveva quello che volevamo. Abbiamo vissuto questa cosa come un contatto con la gente, se capisci il sistema di lavoro non è difficile.”
Un produttore mi ha detto che i faretti del suo stand sono arrivati sabato e che glieli hanno montati mentre c’era gente, voi avete avuto problemi? “Noi eravamo organizzati e abbiamo sopperito alle piccole e grandi mancanze dell’organizzazione come allacciamenti elettrici, pulizia, mancanza di tavolini… nella prima edizione le cose le accetti perché cerchi di capire cosa succederà, ma quando tireremo una linea di ciò che è stato in questi 4 giorni faremo una trattativa diversa. Abbiamo fatto i conti ieri e non guadagneremo niente: io ho impegnato 5 cuochi in distribuzione, 5 cuochi in produzione, 4 persone al desk e un autista” (n.d.r. Sadler ha anche un catering che è stato fondamentale in questa occasione).
Suggerimenti per la prossima edizione? “La location mi piace tanto ma non ha senso la concomitanza con la Settimana della Moda, la settimana prima avremmo lavorato meglio perché in questi giorni avevo contemporaneamente anche il ristorante pieno. Qui ci vorrebbe più spazio, sia in cucina che all’esterno sotto al tendone, e più organizzazione sulle file che andrebbero transennate anche se il pubblico è stato molto civile e disponibile. Ogni 4 stand di ristoranti ne metterei almeno uno o due di beverage, e poi servono maggiori coperture in caso di pioggia e più spazio per far sedere la gente.”

il Teatro degli Chef | ©foto Sandra Longinotti

Saluto Sadler e mi dirigo verso Cracco ma è veramente tardi e non c’è più nessuno al suo stand. Vuoti anche gli altri, peccato. Mi dirigo verso l’uscita e vedo che allo stand del  Savini c’è ancora movimento, stanno contando i ducati. Appare Matteo Torretta, il giovane chef (29 anni) del ristorante e mi fermo a chiedere il suo parere.  Mi dice subito “Non colpevolizziamo gli chef per un’organizzazione che non è la nostra” (vedo che è informato su quanto si legge sul web…) “Noi cerchiamo di dare il massimo a livello gustativo e nonostante tutto non vedo tutti i problemi di cui si è parlato in rete. Questa è la prima volta che i ristoranti migliori di Milano offrono la loro cucina alla gente e non è una cosa facile. Il presupposto è aderire a queste iniziative per avere visibilità. Oggi a pranzo abbiamo venduto 1600 piatti e dietro siamo in 8. Stamattina ho aperto Facebook e ho trovato 170 richieste di amicizia e delle 50 persone che ieri sera sono andate al Ristorante 22 erano state qui nei giorni precedenti.”

la cucina del Ristorante Savini installata a Taste of Milano 2010  | ©foto Sandra Longinotti

Quindi sei contento? “Al 110%. Sono contentissimo. Mi metto anche nei panni dell’organizzazione che ha cercato di fare un bell’evento per 20.000 persone. Sono stato a vedere Taste of London e mi è piaciuto, noi italiani cerchiamo sempre di trovare quello che non va bene. Ma guarda, vedo l’organizzatrice aspetta che la coinvolgiamo .”
La chiama e arriva Silvia Dorigo, ottimo volevo giusto cercarla per sentire il suo punto di vista. “La prima edizione non è mai perfetta” mi dice subito “non lo è stata neanche a Londra. Sì, i piatti costano e si deve fare la coda ma se mi aspetto un fast-food non vengo qui, nelle cucine i piatti li preparano, non sono già pronti. Giovedì c’è stata la maggior affluenza: abbiamo avuto 3800 persone e venerdì sera sotto l’acquazzone erano 2300 anche se, vista la situazione, abbiamo offerto a tutti la possibilità di ritornare in un altro giorno, ma sono entrati lo stesso. E’ vero, ci sono stati problemi di organizzazione ma si impara con la realtà locale, così alla prossima edizione invece dei bicchieri di plastica offriremo il sacchettino da mettere al collo col bicchiere in vetro che questa volta ci sembrava più difficile proprio perché siamo in un parco e controllare che non resti del vetro rotto nei prati è problematico. Offriremo anche più posti a sedere. A questa, che per noi è l’Edizione Zero, abbiamo avuto problemi di spazio perché il Comune non ci ha autorizzati ad attrezzare le aree verdi, così per la prossima volta pensavamo anche a dei plaid da stendere sul prato.”
Il prezzo del biglietto per il solo ingresso è molto alto, non può essere ridotto o comprendere qualche benefit? E poi perché anche alle casse qui al Parco sono stati chiesti i 2 euro di una prevendita che non c’era?  “Questo è un format e deve restare uguale in tutto il mondo, il biglietto resta, così come i ducati. E i 2 euro richiesti qui non sono di prevendita ma di box office. L’evento resterà così senza cambiarne l’essenza ma aggiungendo cose nuove. Stiamo già pensando di sviluppare nuovi temi sul vino coinvolgendo le donne produttrici e di avvicinare ai grandi chef  i giovani che vogliono fare questo mestiere: alla prossima edizione sarebbe bello che al Teatro degli chef ci fossero anche i giovani a preparare un piatto insieme ai grandi chef”.

Buone idee. Però ribadisco quello che mi aspetterei come visitatore della prossima “prima edizione”:
⁃    costo del biglietto più basso o anche uguale ma con un blocchetto di ducati incluso nel prezzo, niente biglietto premium che trovo inelegante in un evento del genere
⁃    niente box office acquistando il biglietto alle casse
⁃    benissimo il bicchiere di vetro, benvenuti i plaid da stendere sul prato, e i cestini a raccolta differenziata fin dal primo giorno,
⁃    stand beverage vicino a quelli dei ristoranti
⁃    più posti almeno per appoggiarsi
⁃    reale contenimento del numero chiuso per evitare code infinite e stress degli chef
⁃    indicazioni per trovare la strada nel parco (diversi miei amici mi hanno chiamata sconfortati perché si erano persi in mezzo al verde e non trovavano traccia di come raggiungere la manifestazione ma solo il tendone del PDL!)
⁃    reversibilità dei ducati, l’inconvertibilità ricorda quella del rublo anni ’60 (e niente “creste” ai poveri produttori che in fondo già li accettano per creare meno malcontento e fare un favore all’organizzazione)
⁃    meno trattenute sulle entrate degli chef (non dimentichiamoci che senza di loro l’evento non si fa)
⁃    contenimento dei costi degli stand. Un espositore mi ha raccontato di aver avuto visitatori che hanno pagato il biglietto non tanto per provare la cucina degli chef ma soprattutto per trovare ed acquistare  prodotti di nicchia e qualità; e diversi produttori che a Taste of Milano 2010 non c’erano mi hanno detto di non aver partecipato proprio per l’eccessivo costo degli spazi. Io non ho niente contro la Perugina,  ma  baci e bacetti li posso comprare anche in autogrill. I costi degli stand erano davvero praticabili solo per imprese medio-grandi, la maggior parte della migliore offerta delle nostre eccellenze ha dovuto restare a guardare: Claudio Pistocchi per esempio.

Saluto Silvia e Matteo e me ne vado. Sono le sei e stanno entrando i primi visitatori della sessione serale. Bene, un premio a chi mi ha letto fin qui e un augurio alla prossima edizione: Provaci ancora Taste! (of Milano, certo…)

gli Chef alla conferenza di inaugurazione di Taste of Milano 2010 | ©foto Sandra Longinotti

Foto mie

per chi vuole approfondire:
il mio post su Taste of Milano

il backstage del mio servizio pubblicato su Grazia

Share_on

3 pensieri riguardo “Post-Taste of Milano 2010

  1. Sandra buongiornooooo!
    devi assolutamente sapere che, sul Corriere di oggi, c’è un articoletto sul Trussardi alla Scala, il ristorante dell’amore dei miei sogni, Berton. E’ stato premiato dalla Guida del Gambero Rosso 2011, con ben 3 forchettine! Sai cosa significa? Che sono ancora più innamorata di lui e che presto andrò a stringergli la mano e a fargli i complimenti di persona. Se lo incontri prima tu, mi raccomando, abbraccialo da parte mia!
    E’ BRAVISSSSIMO. oltre a essere una gran bella persona! bravo Berton, mon amour, bravoooo hip hip urrrrrà! Sandra qui ci vuole una delle tue ricettine super per festeggiare:-)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

x

x