Ristorante El Molin – Piazza Battisti, 11  Cavalese (TN) – tel. +39 0462 340074 – aperto solo alla sera dalle 19:30 con ultimo tavolo prenotabile per le 22 – Sabato e Domenica su prenotazione – chiuso Martedì e i mesi di Ottobre e Novembre (ma in quel periodo è aperto il Wine Bar al Martedì e Mercoledì dalle 11 alle 14:30 e dalle 18 all’1 di notte) – 1 stella Michelin

Siamo a mille metri d’altitudine, in un bel Mulino del ‘600. Qui si respira il bosco, può sembrare ovvio dato che siamo in Trentino, ma non è così. Ve lo racconto iniziando dal bagno, anzi dall’antibagno.

Quello de El Molin ha un lavandino a forma di cono e, te ne accorgi solo quando ti avvicini perché è profondo, dentro ci sono dei sassi. L’acqua scorre sui sassi di fiume… sono quelli che lo chef Alessandro Gilmozzi ha raccolto sulle rive dell’Avisio e del Rio val Moena, insieme alle erbe per i suoi piatti.

ristorante El Molin | ©foto Sandra Longinotti

La montagna qui è una presenza densa, e anche se Alessandro osa e a volte ne mescola i sapori con ingredienti lontani, anche marini, sempre pregiati e mai casuali, questi non saranno mai i protagonisti del piatto. Il sasso riappare a tavola, ma ha perso rotondità, è una pietra a spacco, maschile, che evoca le scalate, l’uomo, le pareti rocciose: e diventa il piatto del dessert Border-line che chiude il percorso di Essenze, il menu pensato da Alessandro per trasmettere le emozioni del suo bosco. Si mangia con un cucchiaio di legno che ha disegnato lui intagliato da un artigiano. In un attimo siamo nel bosco della Val di Fiemme, con un cucchiaio d’abete in mano e sul piatto di roccia il “croccante di mais e aghi di abete, crema di topinambur e miele di melo, sorbetto al larice, lichene candito e cristalli di resina” come spiega garbatamente una delle ragazze della sala. Niente foto, dovete provarlo. Dopo berrete il Pin Tonic che verrà preparato sotto ai vostri occhi (trovate in fondo al post il link della ricetta) un gin tonic con una pignetta di cirmolo, piccola ma dal profumo potente.

Cucina e Sala del ristorante El Molin dello chef Alessandro Gilmozzi | ©foto Sandra Longinotti

Ma ripartiamo dall’ingresso. Oltre la soglia ci si addentra in una tana, almeno questa è stata la mia sensazione. Si scende fino alla sala centrale, oscura ma calda di legno e con i tavoli ben illuminati, molto intima seppur condivisa. Soppalchi e scale amplificano e muovono gli spazi in modo molto gradevole e in penombra, quasi nascosti, si intravedono gli ingranaggi originali del mulino, che macinava frumento, mais e orzo.

con lo chef Alessandro Gilmozzi El Molin e il Pinot Nero Faedi 2009 di Bellaveder | ©foto Strutturafine

Mangiamo e beviamo quello che consiglia lo chef. Nei bicchieri il Pinot Nero Faedi 2009 di Bellaveder . .“e non perché quest’anno abbia vinto un premio, ma perché è interessante” come ci ha detto Alessandro. E aveva ragione, ci ha accompagnato (il vino) piacevolmente lungo tutto il percorso. Per la cronaca, il premio in questione (vinto col punteggio di 86/100) è quello di Miglior Pinot Nero d’Italia 2012 concorso che si tiene ogni anno in provincia di Egna.

© il coltello disegnato da Alessandro Gilmozzi e prodotto da Coltellerie Berti - Cavalese

Speck della casa, burro di malga e crostini al pane di segala. Assolutamente da provare questo meraviglioso speck di mezzena che si scioglie in bocca. Poi Alessandro ci spiega. Lo fa lui partendo da zero (quindi salatura, essiccamento -importantissimo- e stagionatura) con la Cinta Senese di Paolo Parisi “perché era l’unica materia prima che si avvicinasse allo speck che faceva mio nonno, col grasso che si scioglie come quello di Colonnata. La difficoltà è stata nell’essiccazione naturale che faccio io perché essiccare uno speck magro è facile, non fa la muffa e non viene attaccato dalla mosca, invece con questo bisogna fare molta attenzione, con il controllo giornaliero nelle cantine. La lavorazione inizia a gennaio-febbraio e inizio a servirlo a 13 mesi di stagionatura che prosegue finché ce n’è” (quello che ho assaggiato io ne aveva 18 mesi, ora ne ha già 19). Per affettarlo c’è anche un bel coltello (anzi due, l’altro è più piccolo, da tavola), nato due anni fa da una collaborazione con le Coltellerie Berti ( e già che c’erano hanno fatto pure lo spalmaburro).

 Spaghetti al nero di seppia con bottarga di trota. Crudità di cervo (foto sn) e Germinati di muschio, riso e trota fario. chef Alessandro Gilmozzi El Molin | ©foto Sandra Longinotti

Spaghetti al nero di seppia, con bottarga di trota e germogli d’anguria, serviti in porzione micro come appetizer. Proprio buoni e soddisfano anche l’occhio, sarà che amo molto verde e nero insieme…

Crudità di cervo (foto sn) e Germinati di muschio, riso e trota fario. chef Alessandro Gilmozzi El Molin | ©foto Sandra Longinotti

Crudità di cervo, polpa di riccio di mare, pistacchio di Bronte e olio di cardo. Ottimo, tralascerei solo la crema di pistacchio che impasta un po’ troppo la bocca, anche se quei pois verdi sul piatto ci stanno proprio bene.

Germinati di muschio, riso e trota fario. Delicatissimo, anche nei colori. Fra l’altro è uno dei piatti che Alessandro porterà a Hong Kong all’Italian Cuisine &Wines World Summit 2012 a cui prenderà parte in novembre.

Coregone marinato e tartare di trota (foto sn), Crudità di temolo. chef Alessandro Gilmozzi El Molin | ©foto Sandra Longinotti

Coregone marinato e tartare di trota marmorata in chips di patata rossa della valle. Delizioso appetizer.

Crudità di temolo, crescione, acetosella e abete. Buonissimo e bello, esteticamente il piatto che mi è piaciuto di più. Il temolo è un pesce pregiato d’acqua dolce e l’acetosella è un trifoglio dal gusto acidulo (non si chiama così per nulla…).”Raccogliamo noi tutte le erbe, al 90% nel bosco e il resto in un campo di un contadino di mia fiducia. A volte a fine serata, se non ne abbiamo più, capita di dover tornare a prenderle nel bosco…” ha raccontato Alessandro, un bell’impegno se si considera che il luogo in questione è a mezz’ora d’auto da Cavalese…

Nel bosco Alessandro raccoglie anche i licheni, una via di mezzo fra fungo e alga, con proprietà nutritive altissime. “E’ dal 1995 che uso il lichene di pino che troviamo d’inverno. Si disidrata facilmente e lo reidrato quando ne ho bisogno. Ha un sapore molto particolare, sembra di mangiare il muschio, la corteccia, la sensazione del sottobosco è nettissima” mi aveva spiegato nel 2010 a Gusto in Scena quando presentò due piatti coi licheni. Adesso trovate in carta i Rocher di foie gras, lichene di pino e polline d’edera che avevo assaggiato l’anno corso a Identità di Libertà, un’interessante e divertente interpretazione salata del famoso cioccolatino…

Siamo a fine agosto e ci avviciniamo al riposo autunnale del ristorante, alla riapertura ci saranno molte novità, resta immutato solo il menu I Classici Storici, in carta da vent’anni. I Classici Moderni invece subiscono una rotazione e saranno integrati con altri piatti del percorso degli ultimi 10 anni. Il menu Essenze cambia completamente mantenendo solo Border Line.

 

Prezzi medi: antipasti  € 20,00 – primi  € 20,00 – secondi € 28,00 – dolci  € 15,00 – 3 menu: I Classici Storici (4 portate € 70), I Classici Moderni (6 portate € 80) e Essenze (11 portate -in realtà 14 perché le Miniature Wild sono 3 piatti- proposte in piccole porzioni € 100) – coperto € 5,00 (ma ancora per poco, presto sarà abolito)

Per tutto settembre verrà proposto solo il menu Essenze e per chi desidera un percorso più breve il menu Essenze ridotto della metà, anche nel prezzo.

©Foto mie e di Paolo Lottero (Strutturafine)

per chi vuole approfondire:

Ristorante El Molin dello chef Alessandro Gilmozzi

la ricetta del Pin Tonic di Alessandro Gilmozzi

 

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Un pensiero riguardo “Alessandro e la Cucina del Bosco

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