Al ristorante di Claudio Sadler siamo arrivati in volo in taxi con mezz’ora di ritardo.
Avevo già incontrato Claudio alla presentazione di un’iniziativa di Slow Food a cui aderiva anche il suo locale, avevamo scambiato due mezze parole ma non ero riuscita a farmi nessuna idea tanto era stato sulle sue, quindi mi incuriosiva molto riparlarci un po’.
Saliamo tre scalini e suoniamo all’ingresso, dentro è tutto buio. Ci apre il sous chef Maurizio Di Prima dicendo che il signor Sadler sarebbe arrivato subito e intanto ci accompagna nella sala dove avremmo fatto foto e intervista, luminosissima perché stavano smontando le tende da mandare in tintoria (solo per dirvi che dietro a una foto può esserci tutto un mondo non fotografato). Subito dopo arriva lui, pantalone e t-shirt neri, non felicissimo del ritardo. “Claudio è un amico, salutatemelo. Vedrete che non vi dirà niente” aveva detto Aimo…
Non posso dire che Sadler ti faccia sentire subito a tuo agio, ma l’aria si fa più leggera durante gli scatti del piatto scelto per il servizio di Taste of Milano, uscito settimana scorsa su Grazia: “Paccheri farciti di stoccafisso mantecato, pesto di rucola e raspadura lodigiana”.
Terminata la foto del piatto passiamo all’intervista-con-ritratto. Sadler, che ha un look da designer e sta già benissimo in abbigliamento “basic”, riappare in “tenuta da chef”: la t-shirt lascia posto a un’elegante giacca nera, e scherziamo sul fatto che sia l’unico a non indossare nulla di bianco.
“Taste of Milano?” ripete la mia domanda, e poi aggiunge “inizialmente ero rimasto un po’ sbigottito dalla proposta, ma man mano ho capito che poteva essere una cosa divertente e diversa dal solito, orientata a un pubblico più vasto, non solo a gastronomi e giornalisti del settore, una manifestazione per tutti, da vivere in modo più semplice e tranquillo, e spero che si ripeta. “
Continuiamo a chiacchierare e anche lui esprime una visione simile a quella di Berton “La cucina italiana all’estero è considerata una cucina ‘volemose bene, cantiamo, suoniamo’. E’ sempre stata proposta come semplice e piena di sapore ma mai al top, ‘fine dining’ come quella francese. Non abbiamo supporti governativi che ci aiutino a trasferire la nostra nuova identità e manca una politica di esportazione dei prodotti di nicchia. Si trovano solo parmigiano e pelati di grande distribuzione, mentre per fare buona cucina all’estero bisogna investire nello sviluppo dei canali commerciali.”
Poi ci invita a fare un giro in cucina, è spaziosa e affaccia con tre finestre a vista su una delle sale da pranzo, quella che mi piace di più. Le chiacchiere si fanno più informali, il ghiaccio è definitivamente spezzato, sotto la corazza c’è una persona piacevole, diretta, con un buon sense of humor. Assaggiamo due ottimi grissini appena sfornati ostacolando i veloci movimenti intorno al forno di Martin, il giovane cuoco coreano che prepara la pasticceria del ristorante, e capiamo subito che è ora di tornare a casa.
Fine dell’intervista. Claudio Sadler si avvicina con curiosità al pc di Giandomenico per guardare le foto appena scattate. Non dice nulla, ma sorride…
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per chi vuole capire come è articolato tutto il backstage:
Pre-Taste of Milano: una giornata fra le stelle :)
per chi vuol completare il giro:
Pre-Taste of Milano: da Cracco
Pre-Taste of Milano: da Berton
per chi vuole approfondire:
Taste of Milano (il mio post sulla manifestazione: Al Parco… con gli Chef!)
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