Una lunga, bellissima chiacchierata con Gennaro Esposito sul pomodoro, le differenze e vocazioni delle varietà campane, fra cui il Corbarino protagonista della ricetta di questo post, come riconoscere e selezionare la qualità dei pomodori conservati, l’importanza della buccia, le nostre tradizioni, come preparare un insaporitore meraviglioso e cos’è la vera innovazione, anche nella cucina di casa tua.

~ L’intervista è dopo la ricetta ~

Spaghetti al pomodoro Corbarino

per 4 persone

320 g di spaghetti
1 vasetto di pomodorini Corbarino
1 spicchio di aglio
2 rametti di basilico
25 g di olio evo, sale

  1. Fai rosolare l’aglio nell’olio extravergine d’oliva ed eliminalo una volta imbiondito. Aggiungi un rametto di basilico e cuoci per qualche secondo avendo cura di eliminarlo prima che annerisca.
  2. Aggiungi il contenuto del vaso dei pomodorini Corbarino, cuoci a fiamma viva per circa 5 minuti e aggiusta di sale.
  3. Cuoci gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolali ancora al dente e versali in padella. Con l’aiuto di un cucchiaio in legno schiaccia i pomodorini e manteca per qualche minuto.
  4. Arrotola gli spaghetti a nido, mettili al centro di ogni piatto e guarnisci con una fogliolina di basilico.

Due chiacchiere sul pomodoro con Gennaro

❝ Ho tantissimi ricordi, da queste parti fin da bambino sei sempre a contatto col pomodoro, è un ingrediente che definirei quotidiano, tutti i giorni mi capita di utilizzarlo nelle mie ricette. Il rapporto diventa ancora più viscerale quando in stagione si fanno le conserve di pomodoro in casa, con tutti gli aneddoti, i trucchi, la convivialità che si genera in questi momenti, comprese le differenze fra le varietà di pomodori e i modi di conservarli: a pacchetelle cioè il pomodoro lungo tagliato a spicchi nel senso della lunghezza e poi infilati uno a uno nel collo della bottiglia che è un lavoro lunghissimo.
Quando preparavamo questo pomodoro non capivamo bene perché dovessimo fare tanta fatica, quando la bottiglia era piena schiacciavamo queste fettine col manico del cucchiaio di legno, aggiungevamo un pizzico di sale e basilico, poi si chiudevano e sterilizzavano.
C’era chi li passava o faceva altri tipi di conserve, però il sapore della pacchetella è speciale perché resta la pelle e tutte le conserve di pomodoro che faccio per me le voglio sempre con la buccia, un concentrato straordinario di aromi e profumi che secondo me non andrebbe mai tolta dal pomodoro finché è cotto. E poi mi raccomando, niente mixer che frullano semi, pelle e cambiano il colore e sapore della salsa: è permesso solo il passaverdure!
Quella laboriosità paziente aveva un grande senso dal punto di vista del gusto, perché quando poi le tiravi fuori dalla bottiglia anche lì era un’altra operazione non facile, bisognava sbattere in un certo modo, spingere la bottiglia dal fondo… però quando poi condivi una pizza con quel pomodoro avevi un profumo molto simile a quello fresco, ed è la buccia che ti dà questa sensazione.
Io che dopo ho deciso di fare questo mestiere ho rincontrato il pomodoro dal punto di vista del lavoro ed ho sempre scelto le varietà antiche classiche campane, soprattutto Corbarino, Piennolo, San Marzano, alcuni pomodorini di collina della zona del beneventano che sono molto interessanti, e quelli di alta collina che sono molto gustosi.

Nel comporre i piatti ti rendi conto che ogni varietà ha le sue caratteristiche, così inizi a utilizzarle nelle preparazioni per cui sono più vocate, ma mi sono anche reso conto che per molti il pomodoro è un colore e non un sapore, e lo usano per aggiungere un po’ di rosso qua e là.
Se guardiamo i consumi oggi, il grande problema del pomodoro è che piano piano la passata è diventata la più consumata in Italia: 6 persone su 10 la comprano al posto del pomodoro intero. Quindi abbiamo un grande problema nell’essere italiani, siamo particolarmente distratti sul tema di alcuni fondamentali, i prodotti come l’olio evo, il caffè, il pomodoro, la pasta, non sono acquistati con la vera consapevolezza di chi cerca la qualità, ma anche spesso per la comodità con cui sono stati posti sullo scaffale. Paradossalmente la passata è proprio la più richiesta, perché sembra quasi che qualcuno ti abbia fatto il favore di passarla, ma in realtà ti perdi un sacco di piacere nell’utilizzarla. Diciamo che rende di più perché dà l’impressione di essere più concentrata, ma non è una concentrazione di sapore verso l’alto ma verso il basso: è dolce, stucchevole, un sapore che risulta noioso. Quindi la strada migliore è sicuramente comprare il pomodoro intero, e poi passarlo prima di cuocerlo o meglio ancora dopo cotto.
Il problema è riconoscere la qualità, capire perché comprare un pomodoro piuttosto che un altro.
Questo sta succedendo in tutta Italia, sia al nord che al sud e secondo me questa incapacità è preoccupante, stiamo andando in direzioni sbagliate e non solo nel pomodoro. Ieri eravamo tutti insieme a fare i pomodori e a cercare di farli nel miglior modo possibile, oggi li compriamo e li compriamo male. Anche se bisogna dire che molte aziende di qualità sopperiscono benissimo a questa necessità. Se io oggi non riesco a farmi i pomodori in casa ma li compro non sto facendo una scelta di serie B, sto facendo semplicemente una diversa gestione del mio tempo e delle mie risorse. L’importante è saper scegliere, e riconoscere un buon pomodoro è semplicissimo anche se non lo facciamo mai, perché noi apriamo una scatola di pomodori e la buttiamo nella casseruola, facendo un gesto di estrema fiducia nei confronti del produttore. Sarebbe invece meglio fare un confronto fra prodotti diversi: aprire più scatole, versare il contenuto in un piatto, osservarli e assaggiarli per capire quali sono i più belli, più sodi, più maturi, più gustosi… insomma fare una piccola selezione.
Cucinare tutti i giorni serve anche a maturare delle esperienze, che riguardano anche la capacità di selezionare i prodotti, non di usarli e basta.
Quindi prima di tutto bisogna osservarli per vedere se sono tutti uguali, se sono macchiati, se sono ben maturi, se hanno delle parti surmature o verdi, se sono calibrati tutti uguali o hanno dimensioni diverse e sono mescolati fra piccoli e grandi. Assaggiare il liquido di conservazione che poi è quello spesso responsabile del buon o cattivo sapore, e capire se e quanto acido citrico è stato aggiunto: il pomodoro in scatola può essere conservato senza alcun tipo di conservanti e anche se l’acido citrico è un conservante naturale, se non c’è è meglio.
Poi assaggiare i pomodori e infine vedere come si comportano in cottura.
Chiaramente tenendo conto che il Corbarino è una cosa, il Vesuvio un’altra, il San Marzano un’altra ancora, ogni varietà ha un sapore distintivo e utilizzi ideali diversi. Un Piennolo è molto più minerale, molto più ferroso in un certo senso, ha questa buccia un pochino più spessa che è sempre fonte di grandi profumi, cresce su un terreno ricco di cenere e detriti derivanti dall’eruzione, che ha un drenaggio incredibile. Se raccolgo una cassetta di questi pomodori e li stendo senza ammassarli troppo si conservano così anche per diversi mesi, se faccio la stessa cosa con altri pomodori dopo tre giorni sono tutti marci. Quindi sono pomodori estremamente diversi l’uno dall’altro, sia come caratteristiche che come evoluzione.
Il Piennolo si raccoglie abbastanza maturo e si lascia maturare piano piano staccato dalla pianta, gli altri invece bisogna raccoglierli alla giusta maturazione e poi trasformarli.
Il Corbarino ha una vena dolce ma non troppo, una bella sapidità e un buon sapore, è ottimo nei piatti di pesce, quando fai l’acqua pazza e quei piatti dove non vuoi un impeto di sapore di pomodoro troppo invasivo. Il Piennolo invece è quello, molto concentrato, molto gustoso, molto dritto.
Il San Marzano è il pomodoro delle lunghe cotture, che non degenera in sapori sgradevoli ma mantiene sempre quella freschezza e quel gusto elegante.
Poi ci sono tutti i pomodori dai nomi romantici che finiscono in -ino, sono soprattutto dolci e molto poco affascinanti dal punto di vista del sapore, molto meno completi e intriganti.
Il pomodoro fresco è quello che ci siamo detti finora, adesso ragioniamo in modo meno convenzionale: se prendiamo questi pomodori e li concentriamo asciugandoli in forno (i cosiddetti pomodori confit) otteniamo dei risultati estremamente interessanti, che a mio avviso li trasformano in una spezia, qualcosa di estremamente affascinante e soprattutto degli insaporitori meravigliosi.
Non dimentichiamoci del vecchio concentrato di pomodoro – la famosa conserva preparata con i pomodori spruzzati di sale e asciugati al sole che si faceva dalla Sicilia al basso Lazio –  quel cucchiaino magico di conserva che si metteva dappertutto, nel ragù, nella genovese, nella pasta e patate… era un insaporitore naturale. Quindi andava oltre la denominazione di pomodoro e si avvicinava a qualcosa che ha a che fare con un ingrediente straordinario.

Tanto quanto è straordinaria l’acqua di pomodoro: se la riduci piano piano a fuoco bassissimo (non deve colorire) o in forno fino a quando arriva alla densità di uno sciroppo, diventa un insaporitore meraviglioso che metti dove vuoi: laccare una carne o un pesce, aggiungerla a un intingolo… è un ingrediente eccezionale che ho scoperto per caso avendone dimenticato un pentolino sulla piastra.
E questo deve farci riflettere, perché noi di tanti ingredienti conosciamo solo la parte già esplorata, ereditata dalla tradizione o dalle nostre esperienze, mentre se ci mettiamo a studiare troviamo tante applicazioni interessanti.

Ad esempio quando facciamo la concassé di pomodoro togliamo la pelle: ma la buccia è una cosa meravigliosa, un profumo fragrante di Mediterraneo, un qualcosa che va oltre!
Anche gli scarti, cosa sono? Scarti di cosa? Quindi noi dobbiamo recuperare il rapporto che avevamo o crearne uno nuovo che ci farà scoprire degli aspetti del cibo che non conoscevamo, straordinari, che possono fare la differenza e personalizzare la cucina che ognuno fa a casa ogni giorno, figuriamoci quella professionale. Oggi come innovazione basterebbe guardare la quotidianità con occhi diversi, più freschi e più disponibili ad accogliere informazioni e sapere.
Immagina di venire in vacanza al Sud, di essere sulla terrazza di uno di questi alberghi straordinari, e ti portano una fetta di pane con spalmata sopra questa conserva di pomodoro e un filo d’olio extravergine. Noi invece continuiamo a inseguire modelli di colazione francesi, il croissant. Ma uno può mangiarsi un croissant la mattina? E che devi fare dopo, la scalata dell’Everest? Hai capito il discorso, burro (quando ti va bene), creme, cose…
Secondo me dobbiamo riportare tutto a una modalità che ci appartiene, perché per me al moderno viaggiatore non interessa trovare il croissant congelato nell’albergo di Sorrento o di Positano… vuole trovare qualcosa che ha a che fare col luogo. Cinquant’anni dopo ti ricorderai ancora di quella fetta di pane mangiato in quel posto e in quel modo, e non l’ennesimo cornetto.
E guarda che può essere anche una ricotta o un altro ingrediente locale, il messaggio è dammi questo territorio e fammelo apprezzare fino in fondo.❞

Gennaro Esposito | Torre del Saracino Vico Equense – NA

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