Una delle cose che mi hanno colpito la prima volta che sono entrata nella sala del Contraste, il ristorante di Matias Perdomo a Milano, sono i due lampadari in silicone rosso che contrastano in modo provocatorio ma perfetto con gli stucchi del soffitto. Sembrano fatti col sac-à-poche, e il fatto che siano di silicone stupisce doppiamente.

Sono una delle creazioni di Alessandro Ciffo, che col silicone produce poltrone, tovaglie, vasi, ciotole, piatti… gli ho chiesto una ciotola per la mia ricetta Insalata di Indivia, semi e fiori e abbiamo chiacchierato a lungo.

Come ti è venuta l’idea di creare oggetti di silicone?

L’idea del silicone è nata per caso 22 anni fa, è stato un incontro casuale, stavo facendo altro, ho iniziato a prendere in mano questo materiale, per caso gli ho dato forma e ho pensato che da materiale di servizio – nasce come olio ed è usato come sigillante – potesse diventare qualcos’altro, essere un materiale di progetto per realizzare oggetti finiti. Ho provato a colorarlo e da lì mi si è aperto un mondo. Mi sono detto che con questo materiale si può fare qualsiasi cosa, non è proprio così facile però mi ci sono appassionato e soprattutto è diventato un mio linguaggio per veicolare i miei punti di vista in maniera molto personale, e ne ho fatto il mio medium per trasmettere emozioni.

Non vengo da una scuola artistica o di design o da architettura, per me è stato veramente un caso e quindi ho dovuto proprio inventarmi tutto, dalla lavorazione agli strumenti. Non esistevano scuole, quindi è stata una scoperta continua e continua a esserlo, oggi mi rendo conto di aver esplorato una piccolissima parte di possibilità di questo materiale, dopo 22 anni non ho ancora fatto nulla.

Alessandro Ciffo | ©foto Damiano Andreotti

Sei partito dall’arredamento. Quando ti sei avvicinato all’alta cucina?

Ho iniziato in maniera molto lontana da qualsiasi categoria, facendo vasi, che è il primo manufatto prodotto dall’uomo e di conseguenza la prima cosa che ti viene da fare. Da lì è nata una prima collezione di vasi che diventa un po’ l’esercizio dal quale si sperimenta. Questo è il motivo per cui sono stato collocato nel mondo del design e dell’oggetto funzionale, però ho sempre cercato di fare un po’ tutto, non mi sono mai chiuso dentro a degli schemi. Per questo mi sono poi avvicinato all’ambito della tavola e al momento in cui si mangia, che è un momento molto difficile da approcciare con nuovi materiali.

Quando mangiamo cerchiamo di utilizzare materiali molto consolidati che ci danno sicurezza, quindi affrontare la tavola per me era una sfida molto importante per mettere alla prova il silicone. L’avvicinamento al pensiero degli chef e dei direttori di sala di ristoranti importanti era quello che mi serviva per capire in che maniera entrare in questo ambito, perché bisogna farlo senza spaventare, cercando di avvicinare le persone a questo materiale senza dare impressioni negative: non è facile proporre di mangiare sul silicone, solitamente per pregiudizio le persone hanno un po’ paura.

Hai iniziato a creare oggetti per la tavola affiancando uno chef?

Il primo a essere affascinato dalle positività delle mie tovaglie in silicone (non le devi lavare, basta una spugnetta, puoi appoggiarci sopra una pentola calda…) è stato Giampiero Mughini, giornalista e scrittore. Ne ha comprata una, siamo diventati amici e mi ha convinto a “rimanere” sulla tavola. Poi ho avuto un incontro molto bello con Matias Perdomo, anche con lui è nata un’amicizia che ci ha portati a sperimentare nel suo ristorante piatti e altri oggetti oltre alla tovaglia.

Il silicone adatto agli alimenti ha caratteristiche diverse che mi hanno fatto scoprire cose nuove rispetto al suo utilizzo, anche per questo la tavola è un’esperienza che mi piace tantissimo. Con gli chef, che vedono il cibo da un punto di vista completamente diverso dal mio, si creano piccoli cortocircuiti che mi aiutano a valorizzare il silicone trasformandolo da materiale di servizio in materiale prezioso, che è ciò che sento essere la mia mission.

E dopo?… Il silicone è riciclabile?

Il silicone è un materiale veramente performante, inorganico, non iquina, tutti pensano che sia nocivo, invece è un po’ come il vetro, è silicio. Una volta polimerizzato diventa un materiale veramente inerte che non contamina nulla, resiste agli acidi, alla temperatura, al tempo. Ma non è riciclabile, e questo è uno dei motivi per cui sto portando ad affrontarlo come un materiale nobile.

Non penso che ci siano materiali buoni e cattivi, ci sono materiali che vengono usati bene e materiali che vengono usati male. Un oggetto che nasce per essere gettato, anche se è riciclabile è un materiale utilizzato male, noi dobbiamo utilizzare i materiali per creare oggetti durevoli, che abbiano un motivo di esistere nel tempo, penso sia un po’ questa la strada nuova.

Hai lavorato con Matias Perdomo, Alessandro Mecca e Sergio Vineis: tre chef stellati, tre personalità molto diverse accomunate da un lato giocoso. Quale oggetto ti è piaciuto di più creare per ognuno di loro?

Il mio primo approccio col mondo dell’alta cucina è stato con Matias Perdomo. Il nostro primo cortocircuito è il piatto degli spaghetti: è stato veramente divertente e bellissimo trovare la forma e il colore preciso da dare al silicone che si rifacesse alla pasta per creare quell’illusione. A fine cena, quando tutti erano ormai sazi, hanno servito questo piatto enorme di pasta: la gente ha detto ma questi sono pazzi, invece nel piatto c’era spazio solo per una forchettata di spaghetti, giusto un assaggio. Poi abbiamo fatto altre cose molto belle insieme, ma quello è stato il progetto a cui darei il voto più alto.

Piatto di Spaghetti in silicone del menu di Matias Perdomo | ©foto Damiano Andreotti

L’oggetto che lego ad Alessandro Mecca, che è il più giovane e quindi forse il più affascinato dalla parte ludica, è l’installazione dei regoli di silicone: componendoli, sono diventati un modo nuovo e coloratissimo di servire, prima i finger food e poi i petit four a fine cena.

I finger food di Alessandro Mecca sui Regoli di Ciffo | ©foto Sara D'Incalci
I finger food di Alessandro Mecca sui Regoli di Alessandro Ciffo | ©foto Sara D’Incalci

Con Sergio Vineis, beh direi assolutamente il piatto della trota perché con lui, visto che siamo della stessa zona, abbiamo affrontato un discorso legato al territorio. Ne è nato un piatto in cui abbiamo cercato di ricreare l’idea dell’acqua che scorre nel torrente, le pietre, la trota e gli argini. E’ stato un bel lavoro, molto buono, molto apprezzato.

Piatto della Trota del menu dello chef Sergio Vineis | ©foto Damiano Andreotti

Con gli chef mi diverto proprio, tanto che stanno diventando un po’ la mia fonte d’ispirazione. Quando ho un calo telefono a uno di loro, oppure vado a trovarli e con la cucina riescono sempre a darmi degli spunti nuovi. Spero sia la stessa cosa per loro perché credo che sia uno scambio, infatti ogni tanto quando non li chiamo io mi chiamano loro, e gira un po’ così.

Questa fusione nelle discipline, questo mischiarsi e scambiare esperienze, opinioni, materiali, tecniche diverse, per me è una cosa assolutamente da fare nell’ambito creativo perché porta sempre a risultati positivi. E il bello è che, a prescindere dall’aspetto lavorativo, alla fine diventiamo sempre amici.

Alessandro Ciffo | ©foto Damiano Andreotti

CHI È ALESSANDRO CIFFO

Non designer ma maestro o “invasato” del silicone, il materiale che ha scelto per esprimersi, è così che preferisce definirsi Alessandro Ciffo. La sua mission è nobilitarlo creando oggetti durevoli. Come i suoi piatti, difficili da rompere, che non assorbono nulla, si lavano con acqua e sapone e puoi buttare nel lavandino senza temere di scheggiarli.

©foto Damiano Andreotti, Henrik Blomqvist, Sara D’Incalci

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